Corriere del Trentino

La «Guernica» firmata Picasso icona di pace

All’Hofburg di Innsbruck fino a 2 novembre

- Boschi

Il 26 aprile del 1937 l’aviazione nazista con il supporto di quella franchista bombardò la città basca di Guernica causando centinaia di morti e distruggen­do circa la metà degli edifici. Questo episodio della guerra civile spagnola sarebbe caduto nell’oblio se non fosse stato per Pablo Picasso che a quella strage dedicò uno dei suoi lavori più noti e imponenti, dipingendo una tela di iuta grezza di 28 metri quadrati. Ovviamente, la Guernica di Picasso è qualcosa di più di un «nodo al fazzoletto», è uno dei massimi capolavori dell’arte del Novecento ed è diventato un simbolo. Proprio a quest’ultimo aspetto si rifà la mostra «Guernica ikone des friedens» (Guernica Icona di pace) che resterà aperta fino al 2 novembre all’Hofburg di Innsbruck.

Nel palazzo che fu residenza estiva della famiglia imperiale austriaca non è, ovviamente, esposto il quadro originale (che non può uscire dalla Spagna per esplicita volontà dell’autore) ma un cartone realizzato nel 1955 da Pablo Picasso per creare l’arazzo tessuto da Jacqueline de La Baume Dürrbach ed esposto all’ingresso della sala del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Attorno al cartone di Guernica come «icona di pace», l’Hofburg ospita le opere di 33 artisti contempora­nei austriaci nonché sudtiroles­i e trentini. Tra questi: Gotthard Bonell, Julia Bornefeld, Robert Bosisio, Italo Bressan, Livio Conta, Luca Coser, Arnold Mario Dall’O, Ivo Mahlknecht, Martin Pohl e Simone Turra. Opere che fungono, soprattutt­o, da ponte tra passato e presente.

La curatrice della mostra è Serena Baccaglini, una delle più appassiona­te cercatrici di tesori artistici che si possano incontrare. Una studiosa che ci ha descritto le vicende che ruotano attorno a Guernica, come se fosse la prima volta, con lo stesso entusiasmo con cui le ha illustrate al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel dicembre scorso: «Tutto è iniziato dieci anni fa quando ho scoperto l’esistenza dei cartoni di Guernica utilizzati per creare gli arazzi - spiega -. La ricerca sembrò non portare a nulla fino a che non mi ritrovai di fronte a un baule nella casa di uno degli eredi di Jacqueline Dürrbach. Fu da quel baule che emersero sei rotoli con le riproduzio­ni di Guernica. Non dimentiche­rò mai il batticuore di quel momento».

La storia di quei cartoni ha, ovviamente, molto a che fare con la storia del capolavoro originale: «Picasso dipinse Guernica nel 1937 per l’Esposizion­e Internazio­nale di Parigi. Terminata l’esposizion­e, e caduto il governo repubblica­no che gli aveva commission­ato l’opera, vietò che il quadro rientrasse in Spagna fino al ritorno della democrazia - continua -. La guerra era però alle porte e si presentò il problema di come salvare Guernica dalle grinfie dei nazisti. Nelson Rockfeller, venutone a conoscenza, si attivò per trasportar­la negli Stati Uniti».

Fu così che il dipinto venne ospitato negli Usa fino agli anni Cinquanta. Nel 1955, Nelson Rockfeller chiese a Picasso di poterlo acquistare ma l’artista spagnolo si rifiutò perché lo considerav­a un omaggio al popolo spagnolo. Fu in questo contesto che nacquero gli arazzi: «In quel periodo – conclude la curatrice – Picasso conobbe Jacqueline de la Baume Dürrbach e decise di trasformar­e il suo dipinto a olio in arazzo. Un arazzo che, va precisato, non è una copia precisa di Guernica, in quanto è stato tessuto in 11 colori e non è monocromo come il dipinto. Il risultato fu talmente straordina­rio che Rockfeller decise di mettere sotto contratto pittore e tessitrice per la creazione di 26 arazzi. Io, dal canto mio, ho trovato tutti i cartoni e spero di poter presto scrivere i dettagli di questa straordina­ria caccia al tesoro».

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