L’INUTILE POLITICA DELL’ODIO
Per capire quanto sta succedendo oggi in Italia e anche in Trentino Alto Adige è utile chiedersi quali emozioni sono in gioco. Nonostante il valore indiscutibile della ragione per chi vuole fare il politico, sottovalutare il valore delle emozioni è fuorviante. Non si tratta di «parlare alla pancia», ma di avere presente l’atmosfera di oggi. È ben visibile anche nelle nostre periferie un disagio evidente, nonostante un relativo benessere. Le famiglie vedono con grande preoccupazione un fenomeno nuovo: i loro figli corrono il rischio di stare peggio dei genitori, il loro futuro appare incerto. Tempo fa una giovane amica di Arco mi diceva: è da quando ero piccola che si parla di crisi. Siamo la generazione che non ha mai vissuto l’entusiasmo della crescita e del progresso: come possiamo credere nel futuro? Questo ha cause molteplici che riguardano tutto l’Occidente e risalgono a molto prima dell’odierna crisi. La rabbia e la paura sono reazioni ben comprensibili, ed entrambe campanelli d’allarme fondamentali per far fronte al peggio. La paura mette in evidenza il pericolo in modo da evitarlo,la rabbia reagisce al venir meno di aspettative legittime o alla possibilità di perdere alcuni valori fondamentali. È la rabbia di chi ha investito risorse psicologiche e finanziarie nella crescita dei figli, il cui futuro appare oggi molto esposto. Alcuni reagiscono, anziché con rabbia, con qualcosa di peggio: con la rinuncia. La rabbia infatti è in quanto tale una reazione sana a ciò che avvertiamo come ingiusto.
Può essere una forza positiva contro minacce vere o presunte. Significa non arrendersi alle sconfitte. Sempre meglio arrabbiarsi che rinunciare. La rabbia ha un oggetto contro cui agisce, ed è facile che tale oggetto sia visto come la causa di tutti i mali. Oggi l’oggetto sono i migranti. Nonostante che in Trentino non ci sia una vera emergenza e anzi ci sia una buona integrazione, anche da noi lo straniero appare a molti come quello che mi può sottrarre il lavoro, la casa, o anche gli affetti, e mettere a rischio il mio legittimo benessere. Questo succede quando una comunità che si sente minacciata cerca una via d’uscita psicologica, su cui alcuni politici agiscono esacerbando le tensioni. Anche se non è sicuro che i nostri problemi vengano davvero da loro, i migranti appaiono minacciosi. Tentare di isolarli o di espellerli ha una funzione rassicurante. Una comunità si sente più facilmente unita in questo modo.
È il meccanismo del capro espiatorio: pensare di escludere chi rischia di riportare malattie con la scarsa igiene, o di sottrarre opportunità ai nostri figli è un meccanismo comprensibile che alcuni politici sfruttano trasformando la rabbia in odio. Si finisce per pensare: non è quel che fanno i migranti a essere sbagliato, è quel che sono che non sopporto più. Si passa in tal modo da ciò che si può cambiare — le azioni — a ciò che sembra essere immodificabile — la loro natura. La rabbia così diventa odio e porta inevitabilmente allo scontro aperto e non a soluzioni positive. Tener conto della rabbia in politica è importante, perché la rabbia vuole cambiare le cose, mentre l’odio è rifiuto totale, pura chiusura. Pensiamoci bene prima di fare questo passo. Il Trentino più di altre regioni è legato all’Europa: vogliamo davvero chiuderlo?