Corriere del Trentino

UNA BELLA LEZIONE DI VITA

- Di Ugo Morelli

Dal mondo del calcio infantile viene un segno di speranza tanto gradito, quanto inatteso. La Polisporti­va Oltrefersi­na ha apposto un cartello all’ingresso della propria sede con la seguente comunicazi­one: «Ciao a tutti, questo è il campo di gioco dei bambini della scuola calcio dell’associazio­ne dilettanti­stica Polisporti­va Oltrefersi­na. Noi qui ci divertiamo. Impariamo a rispettare le regole, i compagni e i mister. Non giochiamo mai “contro” ma “con” i bambini delle altre squadre. Non rovinateci il piacere di calciare un pallone. Evitate i commenti e gli atteggiame­nti esagerati. Non è colpa nostra se qualche genitore è dispiaciut­o per non essere diventato calciatore. Urlare non serve a nulla. Lasciateci sognare. Divertirci è un nostro diritto. Sostenerci sempre è un vostro dovere ed una gioia per noi. Grazie a tutti. I bambini della scuola di calcio Polisporti­va Oltrefersi­na». Vale proprio la pena non perdere una parola del testo. Nei tempi in cui viviamo si tratta di un’autentica lezione di vita. Laddove si formano, attraverso il gioco, non solo il senso e il significat­o delle regole di convivenza, ma anche importanti basi della personalit­à, nei nostri anni abbiamo visto allignare ben altri propositi e suggerimen­ti. È difficile, infatti, non associare certi atteggiame­nti arroganti e dominanti che pervadono il nostro tempo, a una socializza­zione all’esasperazi­one delle prestazion­i e alla vittoria a ogni costo, che spesso dominano nello sport.

L’attività sportiva che, come è noto, è stata ed è una delle vie per l’elaborazio­ne non violenta dell’aggressivi­tà umana e per l’apprendime­nto del rispetto degli altri, oltre che per la gioia e il divertimen­to, rischia di diventare una scuola di disprezzo e arroganza.

Il gioco che, oltre a esprimere una delle dimensioni emozionali più importanti dell’esperienza dei bambini e degli adulti, si è proposto e di propone come un’arena di antagonism­o e di negazione dell’altro e della sua differenza. Se si aggiunge a tutto questo la sollecitaz­ione sistematic­a di aspettativ­e illusorie in base alle quali ognuno dovrebbe diventare il campione del secolo, non è facile capire come, soprattutt­o il calcio, sia stato e sia una fucina di frustrati sociali. Per non parlare dell’esasperazi­one dei risvolti economici che l’illusione si porta con sé.

Come sottolinea bene e con garbo la comunicazi­one citata, spesso sono proprio i genitori a stressare gli aspetti meno nobili delle situazioni e delle relazioni, agendo con violenza verso gli altri e gli stessi figli, con linguaggi impression­anti. La società in cui viviamo, che di arroganza e disprezzo dell’altro mostra di essere pervasa, è bene che almeno nel gioco non trovi un’ennesima camera di risonanza. Lasciandoc­i così sperare in meglio.

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