Chicca Roveri «Rostagno, un pazzo logico»
Rostagno, le lacrime di Chicca. La figlia: «Mattarella, gli ha reso giustizia»
Sembrava una rimpatriata tra amici di lunga data la giornata e il convegno per il 30esimo anniversario dall’omicidio mafioso di Mauro Rostagno. Ieri a Sociologia c’erano tra gli altri Marco Boato, Adriano Sofri, Riccardo Scartezzini. E poi Chicca Roveri, la compagna, e la figlia Maddalena.
TRENTO Ha il sapore di una rimpatriata tra amici di lunga data il ricordo di Mauro Rostagno — in occasione di un convegno per il 30esimo anniversario dal suo omicidio mafioso — a portare ieri a Trento i protagonisti dei movimenti studenteschi, del ’68 trentino e non solo. L’aula Kessler di Sociologia ha rivisto i compagni di avventura di Rostagno, da Marco Boato all’ex leader di Lotta Continua Adriano Sofri, dal compagno di studi all’allora Istituto superiore di Scienze Sociali Riccardo Scartezzini allo scrittore e attivista tedesco Peter Schneider. E poi Chicca Roveri, la compagna, e la figlia Maddalena. Un convegno patrocinato dal Comune di Trento, ma su cui non sono mancate le polemiche. Polemiche di chi, come il candidato di Forza Italia Paolo Perego, ha definito l’incontro commemorativo «non tollerabile», seguito nella protesta dal segretario della Lega del Trentino Mirko Bisesti. Non usa mezzi giri di parole Marco Boato: «Trovo di un’infinita bassezza che qualcuno, per fini di campagna elettorale, si permetta di calunniare la memoria di Rostagno. Direi poi che l’opinione di Perego passa decisamente in secondo piano, dato che contrasta apertamente col messaggio lasciato pochi giorni fa dal Presidente della Repubblica in persona».
Chicca Roveri, non è riuscita a trattenere le lacrime nel ricordare e raccontare il compagno di vita. Lo ha ricordato come una persona metodica, ma sempre pronta al cambiamento, «come dimostrava nella sua passione per i libri: ne leggeva tanti, ma una volta finiti se ne liberava per far spazio al nuovo». Uno spirito camaleontico quello del sessantottino, «capace di adattarsi a qualsiasi contesto sociale, e di sedersi a tavola con chiunque, cucinando la polenta anche a Palermo». Nella sua vita di studente, attivista politico e sociale «non ha mai lavorato, non gli interessava del denaro. Ciò che lo caratterizzata era il bisogno fisico di stare in una comunità». Da Torino a Trento, da Milano a Palermo, fino a Puna, in India. Per finire a Lenzi di Valderice, in provincia di Trapani, dove la sua ultima strada, quella giornalistica, l’ha portato a incontrare quanto di più opposto a lui esistesse. «Un’associazione che lo avrebbe voluto schiavo — ha raccontato Roveri — e che aveva nei soldi l’unico punto di riferimento. Mauro non poteva tacere. È stato un pazzo, sì, ma molto logico». La mafia zittì vilmente Rostagno a 46 anni, servendosi di un fucile e di una pistola, colpendolo mentre tornava al centro di recupero di giovani tossicodipendenti da lui fondato. Era il 26 settembre 1988. Se lo ricorda bene la figlia Maddalena, aveva 15 anni. Perché da quel settembre «si sono susseguite una serie di ingiustizie e ipotesi sull’omicidio capaci di infangare la memoria di Mauro», ha detto. Il riferimento è al contorto e lungo percorso giudiziario, ad un certo punto arrivato persino a seguire la strada dell’arresto di Chicca Roveri. Processo giunto a una condanna dei due boss trapanesi Vincenzo Virga e Vito Mazzara solo nel 2014. Pochi giorni fa è arrivato il segno di quello che Maddalena interpreta come la rivincita del padre, e «una vittoria» della giustizia: il messaggio commemorativo del presidente Sergio Mattarella, nel giorno del 30esimo anniversario dall’omicidio. «C’è una parola del suo discorso che ho apprezzato tantissimo: nel riferirsi alle indagini sull’omicidio di mio padre ha parlato di “numerose deviazioni”. Per il ruolo istituzionale che ricopre, la parola “depistaggi” sarebbe troppo forte. Ma il senso del messaggio è proprio quello. Dopo tanti anni, con quelle parole ha voluto dire apertamente che Rostagno era un uomo che si è giocato la cosa a lui più cara, la vita, pur di non tacere di fronte alla mafia».
Boato
Da Perego infinita bassezza. Per fini di campagna elettorale si permette di calunniare la sua memoria