Timbrava e se ne andava Condannato
Corte dei conti, la sentenza. L’uomo si è dimesso
Nel penale ha patteggiato e ora è arrivata la stangata dalla Corte dei Conti. È stato condannato a pagare 13.700 euro il custode forestale della Valsugana accusato di assenteismo.
TRENTO «Pedissequa reiterazione delle condotte criminose». Le parole dei giudici della Corte dei Conti non lasciano ampi spazi di interpretazione. Il collegio evidenzia il «particolare disvalore dei reati commessi» e parla di «profili di abitualità» che non possono non evidenziare un comportamento «lesivo» dell’immagine dell’ente pubblico. Neppure il tentativo, nel corso del procedimento penale, di riparare, versando 2.500 euro, al Comune di Castel Ivano, è bastato a salvare il custode forestale dalla stangata della Corte dei Conti.
L’uomo, guardia forestale per le aree territoriali dei Comuni Castel Ivano, Grigno e Ivano Fracena, è stato condannato a pagare 13.742 euro di danni, ossia il 50% della retribuzione stipendiale. Il furbetto del cartellino era accusato di peculato, truffa e false attestazioni nell’uso del badge (come previsto dall’articolo 55 quinques del decreto legislativo 165 del 2001). I giudici hanno riconosciuto anche il danno d’immagine. Il custode, finito nei guai insieme a un collega, nel penale ha chiuso i conti con la giustizia attraverso un patteggiamento a un anno di reclusione, più 4.000 euro di multa. Il collega ha invece scelto di difendersi in dibattimento, il processo ancora in corso, pare che l’uomo intenda risarcire il Comune.
A mettere nei guai i due dipendenti pubblici era stata una segnalazione di un residente che aveva notato l’auto di servizio di uno dei due custodi parcheggiata sotto casa in un orari in cui il dipendente pubblico avrebbe invece dovuto essere in servizio. Da qui erano partiti gli accertamenti della guardia di finanza di Trento.
Per mesi gli investigatori avevano monitorato il dipendente seguendo i suoi spostamenti durante l’orario di lavoro. L’uomo timbrava il cartellino alle otto del mattino, prelevava l’auto di servizio del Comune, poi alle 14 finiva il turno con una strisciata del badge e la riconsegna del mezzo. Peccato che durante l’orario di lavoro avrebbe effettuato numerose soste al bar e rientri a casa.
Secondo quanto ricostruito dai militari della Finanza che hanno effettuato verifiche anche utilizzando il Gps, l’uomo si sarebbe fermato a casa a lungo, fin quasi alle 14, orario in cui tornava al lavoro per timbrare il cartellino. In questo modo, secondo la ricostruzione del pm Pasquale Profiti, una buona parte delle ore indicate come lavorate (si parla di circa il 20%) sarebbero state pagate dall’amministrazione anche se in realtà il dipendente era a casa sua.
I fatti contestati sono avvenuti nel periodo tra marzo e agosto del 2016. L’uomo, dopo l’inchiesta, si è dimesso dal suo incarico e ha deciso di scendere a patti con la Procura, versando 2.5000 euro di danni all’amministrazione, di cui 1.402 per il «costo lordo sostenuto dal datore di lavoro per il numero di ore contestate». Forse, in questo modo, l’uomo sperava di mettere la parola fine alla vicenda giudiziaria, ma ora dovrà fare i coti anche con la magistratura contabile.
L’inchiesta
Il dipendente pubblico nel penale aveva patteggiato un anno Il collega è a giudizio