La Terra delle Montagne tra ironia, autoironia e sfottò
STORIA (E RAPPRESENTAZIONE) DI UN POPOLO
Adesso che tutto quello di cui si discute passa sotto il titolo di appartenenza, alla domanda di dove sono io non so più cosa rispondere. Niente a che fare con l’etnia, per carità. Vorrei trovare una frase arguta che mi rappresenti, mezza per sorte come sono, o meglio un terzo per sorte visto che sono sudtirolese, trentina e anche un po’ ladina. L’arguzia è l’arma che in tempi di crisi e di dubbio, anche politico, si è da sempre dimostrata efficace.
Certo l’arguzia può diventare offensiva, nel senso che attacca, moralisticamente, qualche difetto, più spesso è difensiva, serve a trarsi d’impaccio brillantemente, possibilmente senza nuocere. Troviamo l’arguzia, e colui che la attua, l’arguto (da argutus, provvisto di penetrante forza brillante e luminosa) in tutte le manifestazioni dello spirito umano, a ogni livello, sia nell’arte figurativa che nella letteratura, nel teatro, nel cinema.
I suoi gradi sono l’ironia, l’umorismo, la parodia e la satira. La satira in letteratura ha origini antiche.
Possiamo farla risalire ad Aristofane, a Ipponatte e ad Alceo. Per quanto riguarda il disegno satirico, l’origine è assai incerta. Certamente non risale all’uomo delle caverne, per il quale la raffigurazione doveva essere rituale, magica o religiosa, propiziatoria o semantica, ma non caricaturale.
La parola «caricatura» risale ad Annibale Carracci che con i suoi «ritrattini carichi» dà origine al vocabolo. La pratica della caricatura che diffonderà un nuovo modo di satira, comincia con la conquista della libertà di stampa e conseguirà il massimo del suo exploit nell’Ottocento con l’apparizione dei grandi settimanali umoristici. In Inghilterra era già iniziata nel Settecento, e troverà la sua più alta applicazione nel campo della politica, ben rappresentata dal Punch. Nell’estroversa Francia appariranno leggendari giornali satirici come La Caricature, o Le
Chiarivari, per farlo seguire dal Journal pour rire, l’Assiette au beurre, Le Chat noir. In Germania nascono giornali umoristici come Fliegende Blätter, Kladderadatsch, Simplizissimus. In Italia la satira politica serpeggia anche in tempo fascista. Un’ottima raccolta di questi testi e caricature si ha nel libro antologia a cura di Oreste del Buono col titolo Eia, Eia, Alalà, la stampa italiana sotto il fascismo 19191943 (Feltrinelli 1971).
Ma qui da noi, nella Terra delle Montagne, in quello che Crasy Carnevale ha battezzato il «Sudtirolo improbabile»? o fra i cugini Trentini i Welschtiroler come va con l’arguzia? Qui da noi la storia si fa veramente interessante. Prima di tutto va notato lo spirito del contadino e del montanaro che, da sempre, si esprime attraverso modi di dire, perifrasi, metafore. È sicuramente una forma per mascherare una certa timidezza, ma anche per dimostrare una certa estraneità con i «foresti», una certa distanza che è sì mediata dalla lingua e dai dialetti, ma anche da certi atteggiamenti e gestualità. Un’ironia che non è priva nemmeno di autoironia, tanto da sopportare e supportare quello che gli altri hanno sempre detto di noi.
Tralasciamo Karl Ludwig von Pfalz che scrive a suo figlio in viaggio oltre Brennero, fino ad Ala o giú di lì: «Non prendermi troppa aria Tirolese – quella gente diventa saggia solo dopo i quarant’ anni ..», oH e in e che scrive :« I Tirolesi hanno un’ aria sana, certamente dovuta al fatto che sono troppo stupidi per ammalarsi..».
In un antico dizionario del Vorarlberg del XVII secolo si dice: Tirolese – famoso vino del sud, tirolesi sono una sorta di patate e una razza di mucche piccole robuste e chiare di pelle». I bavaresi sono più precisi e distinguono i Tirolesi geograficamente in Nord Tirolesi, Sud Tirolesi, Tirolesi Trentini e Tirolesi Romanci. Comunque dice che i Tirolesi sono, in genere, gente gozzuta e sfottereccia, predatori di postali, e povera gente, comunque i Tyrolesi (che fanno provenire da treu-fedele) sono gente leale e mantengono i patti con Dio e l’Imperatore.
In Renania per Tirolese si intende suonatore girovago, e tagliatore ambulante di crauti. I vicini Svizzeri parlano di Tirolesi zappin, perché si prestavano come lavoratori stagionali per la raccolta del fieno o come tagliaboschi. Una nuova, si fa per dire, versione dei Tirolesi, vista dagli Svizzeri, è quella di mercanti ambulanti, con patente, per la vendita di unguenti e pozioni. A questo proposito ci fu una sentenza nel libro dei Giudizi di Berna contro un certo N.P. Tirolese della Bassa Atesina, arrestato nel 1737 per aver venduto al mercato del sabato unguenti e pozioni senza patente. In seguito la Giurisdizione si aggiornò e fu emesso un editto, con data 1820, sempre a Berna, ma valido per tutti i Cantoni Svizzeri, che così proclama: «Tutti gli imbroglioni, i guaritori, i botanici, i banditori, con una parola i Tirolesi, medici non riconosciuti da qualche patente rilasciata in suolo svizzero, sono interdetti dal vendere medicamenti che riguardino il corpo interno. Gli unici unguenti permessi non previsti da patente riguardano il corpo esterno e sono a base di rosmarino, salvia, ginepro e sambuco, gemme di pino e tutte le essenze dei loro Paesi come l’arnica o l’erba di san Giovanni (ipperico) generalmente citate con il nome cumulativo di erbe del re Mitridate».
Ironia, autoironia, certo che anche oggi agli abitanti la Terra delle Montagne, Tirolo, Sudtirolo, Welschtirol, Trentino, Alto Adige, Ladinia ed affini, piace l’arte del ridere e del far ridere. E soprattutto l’arte di sfottere.
Naturalmente, come già detto, per «mascherare» l’ironia si usa spesso il dialetto o si dileggia chi il dialetto lo usa abitualmente, cioè i contadini delle valli, ma anche la città si diverte con le vignette quotidiane sul Dolomiten a opera di Pepi Tischler col suo personaggio contadino lo Schnauze o la Laubensassa del Tageszeitung o con le «Watten Karten di Egon Rusina» che usa i semi delle carte illustrate dai personaggi famosi, i politici «caricaturizzati». (Lo hai già sentito?) – Witze- Büchlein, (libretto di barzellette). Un libricino (per quanto riguarda la mole) nel quale si spazia a tutto tondo sulla caricatura politica, sociale, etnica eccetera.
Da non dimenticare fra la buona ironia sudtirolese quegli fra i suoi articoli che Arnold Tribus ha raccolto nel suo Blinde Kuh, I e II e le opere di molti artisti fra i quali spiriti dissacratori come De Chirico o Matthias Schenweger. Ridere e far ridere su proprie debolezze o specialità, come quelle di usare erbe medicamentose per ogni dove (tipico della cultura contadina, anche se oggi di nuovo di moda).
L’arguzia è l’arma che in tempi di crisi e di dubbio, anche politico, si è da sempre dimostrata efficace. Certo può diventare offensiva
Ironia, autoironia, certo che anche oggi agli abitanti Tirolo, Sudtirolo, Trentino, Alto Adige, piace l’arte del ridere e del far ridere