«Di stanza in stanza» Il filo della memoria nelle opere di Vazzoler
Quaranta opere ad olio che s’intrecciano lungo lo stesso itinerario: un’esplorazione di interni domestici e di altri edifici che, pur svuotati della presenza umana, raccontano l’essenza di donne e di uomini, del loro passaggio attraverso quelle stanze. È questo il tema che Elisabetta Vazzoler, insegnante bolzanina di storia dell’arte, indaga in Di stanza in stanza… tra oblio e memoria, la mostra di pittura organizzata dal Comune di Isera e curata da Mario Cossali, fino al 14 ottobre visitabile presso il Palazzo de Probizer, a Isera.
Un’estetica che, come osserva Cossali «fa pensare a tutta prima alle atmosfere incombenti di Edward Hopper, ma a ben guardare la narrazione è molto diversa. Qui uomini e donne non appaiono mai, anche se molte ombre sembrano parlare e muoversi. Si procede di stanza in stanza seguendo un filo nascosto, ma resistente e persistente, il filo del sentimento interiore».
Una pittura carica di tensione, divani, sedie, stoviglie sembrano in attesa, e forse è proprio questo stato di sospensione a fare da colonna sonora alla pittura di Vazzoler. Anche la sua tavolozza di colori sottende inquietudine, con tonalità che tendono al terragno, tra verde scuro, viola, un giallo senape che s’insinua tra azzurri sbiaditi. «Tutte gradazioni che tendono quasi a evaporare, coperte da una patina che assomiglia a una polvere: quella dell’oblio, contrastata in ogni momento dalla tenacia della memoria», osserva il curatore. A questo clima di incertezza sembra fare da contrappeso la scelta di prospettive nette e calcolate, in cui nulla pare affidato al caso. Su quelle poltrone invitanti forse qualcuno tornerà a sedersi, forse le persone saranno più di una, nascerà un dialogo e la memoria tornerà a fluire, le zone d’ombra potranno dileguarsi. Le stanze sono vuote, eppure si intuisce una ricerca della luce, a tratti un improvviso squarcio di chiarore s’insinua.
«Un giro del mondo in poche stanze» – definisce Cossali la mostra – e in questo viaggio l’artista esprime consapevolezza «dell’inestricabile groviglio di ciò che vorremmo ricordare e di ciò che preferiamo lasciarci alla spalle, di ciò che rimane insopprimibile e di quanto invece ci proietta in un futuro di desiderio e di precarietà». Dei quaranta lavori che compongono il percorso espositivo, dieci sono di grandi dimensioni (100 x 1.70 centimetri), mentre gli altri molto più piccoli e tutti rigorosamente senza cornici, con il colore che sborda. Tra i soggetti, colpisce la presenza di una caffettiera che domina la scena su un tavolo appena accennato.