Castelli in guerra Una metamorfosi politica e sociale
Studiosi a confronto venerdì e sabato al Museo di Rovereto
Trentino, terra di castelli: sono 234 le strutture censite dal progetto Apsat, Ambiente e paesaggi dei siti d’altura trentini, e una settantina le fortificazioni.
«Nati come strutture difensive, molti dei castelli trentini durante il Rinascimento si sono trasformati in eleganti e prestigiose dimore – spiega Annamaria Azzolini, archeologa medievista -. Esiste però un tema inedito per la castellologia in ambito trentino: istituire una relazione tra le dinamiche di fortificazione medievali e quelle austroungariche, con particolare attenzione ai casi di presidi in cui queste due istanze si sono sovrapposte, interagendo fisicamente e simbolicamente».
Accanto al caso emblematico rappresentato il tal senso dal Castello del Buonconsiglio, che negli anni della Prima guerra mondiale è stato trasformato in caserma, abbiamo ad esempio la Rocca di Riva del Garda, oppure il Castello di Ossana, in Val di Sole.
Dall’intento di approfondire questo legame scaturisce «Castelli in guerra. Dai contesti medievali alle fortificazioni del primo conflitto mondiale», il convegno che si svolgerà venerdì e sabato al Museo storico italiano della guerra di Rovereto, organizzato dall’associazione culturale Ricerche fortificazioni Altomedievali, Rfa e dallo stesso Museo.
Curata da Azzolini, in collaborazione con studiosi della Soprintendenza per i beni culturali della Provincia di Trento e di altri enti del territorio, l’iniziativa, articolata in cinque sessioni, si aprirà venerdì alle 9.30 sul tema Fortificazioni
e territorio: dai castelli medievali alle fortezze moderne. Come nasce l’idea del convegno?
«Lo spunto mi è stato suggerito dal panorama italiano degli studi che si stanno compiendo sull’argomento spiega Annamaria Azzolini - . In particolare, il collega Maurizio Buora ha indagato alcuni siti friulani che avevano dimostrato strutture archeologiche antiche, notando che erano stati rifortificati. Il primo punto interessante riguarda quindi la frequentazione dei medesimi siti strategici nelle varie epoche, e da qui sono partita per condurre un’indagine anche in Trentino».
A quali cambiamenti vanno incontro i castelli dopo il Medioevo?
«Nella fase rinascimentale subiscono delle trasformazioni, diventando prestigiose dimore con ampi giardini, affreschi, loggiati oppure vengono convertiti in fortezze in seguito al mutare dell’arte della guerra. Mano a mano che ci si avvicina all’età moderna, però, sembra che tali strutture non rivestano più questa importanza, tanto è vero che nel Catasto asburgico del 1855 non vengono neppure rilevate, a parte i casi più emblematici».
Sono attesi nuovi dati dal convegno di Rovereto?
«Ho evitato di proporre il solito convegno sui castelli, oppure sui forti. Grazie al confronto tra studiosi di ambiti disciplinari diversi, l’intento è di mettere a punto un sistema a fonti integrate che permetta di pervenire a una conoscenza nuova. Dopo la prima sessione - che dedichiamo al territorio per mettere in luce le zone che presentano più castelli, e se esse si accompagnano a strutture fortificate, ci soffermiamo sui contesti che hanno avuto una lunga continuità d’uso».
Qualche esempio?
«In primis il Doss Trento, per il quale ci attende la novità assoluta degli esiti della campagna archeologica chiusa il mese scorso. Io approfondirò invece la Chiusa di Serravalle-Chizzola, già frequentata prima del XII secolo. Un ruolo centrale avrà anche il tema della memoria, ravvivato dalle diverse commemorazioni del Centenario».