Medico denuncia un clandestino
L’immigrato aveva bisogno di cure al pronto soccorso. Il dottore chiama i carabinieri
Si era recato al pronto soccorso di un nosocomio di valle per essere curato. Ma ha trovato una denuncia perché non in regola con i documenti. A farla un solerte medico che ha chiamato i carabinieri. Peccato che la legge lo vieti. Il paziente, di nazionalità marocchina, non ha potuto ultimare la visita né avere una terapia. Gli unici accertamenti ottenuti sono stati quelli in caserma. Il Gruppo immigrazione e salute del Trentino spiega che «molti medici sembrano non essere al corrente della normativa. E il diffuso clima anti-stranieri può sdoganare atteggiamenti pericolosi».
TRENTO Quello della salute è forse l’unico ambito in cui la posizione giuridica della persona non ha rilevanza. Non occorrono permessi di soggiorno o passaporti per accedere al sistema sanitario nazionale. E gli stranieri temporaneamente presenti (Stp) — in attesa di una pronuncia sulla protezione umanitaria o sull’asilo politico, o semplicemente clandestini — possono rivolgersi senza timori al medico di base come al pronto soccorso o ai servizi ospedalieri. Un principio affermato anche dalla Costituzione — l’articolo 32 assicura che «la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti» — ma che evidentemente, nel clima di generale ostilità verso gli stranieri, rischia di essere disatteso.
La spia si è accesa nel mese di luglio — ma l’episodio è emerso solo in questi giorni — nel pronto soccorso di un ospedale periferico. Un uomo,
La dinamica
L’uomo, di nazionalità marocchina, non ha potuto ultimare le visite né avere una terapia
Cescatti e Zeni
«Il clima anti-stranieri rischia di sdoganare atteggiamenti molto pericolosi»
di nazionalità marocchina, senza più permesso di soggiorno è stato denunciato da un medico. I carabinieri lo hanno prelevato al pronto soccorso e condotto in caserma per i controlli di rito. Al paziente non è stato consentito di completare gli accertamenti e non ha ricevuto nessuna indicazione terapeutica. La vicenda è stata segnalata all’Ordine dei medici e all’Azienda sanitaria. Esiste, infatti, una circolare del ministero dell’Interno del novembre 2009 — firmata dall’allora capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, Mario Morcone — che ribadisce «il divieto di segnalare alle autorità lo straniero irregolarmente presente nel territorio dello Stato che chiede accesso alle prestazioni sanitarie». Il provvedimento è stato rilanciato due settimane dopo (15 dicembre 2009) dal direttore generale reggente dell’Azienda sanitaria, Franco Debiasi, e inviato a tutte le strutture e gli operatori sanitari del territorio. Più in generale è il decreto legislativo 286 de 1998 (articolo 35, comma 5) che disciplina tale divieto in modo cogente.
«Diversi colleghi ci hanno riferito di non essere al corrente di questa disposizione — spiegano le dottoresse Elisabetta Cescatti e Bruna Zeni del Gruppo immigrazione e salute del Trentino — e anche gli stessi migranti spesso non sono informati sui loro diritti. Per sottrarsi ad una denuncia, potrebbero rinunciare all’accesso alle strutture sanitarie e aggravare la patologia in atto con la possibilità di diffondere un’eventuale malattia infettiva. È nell’interesse di tutti, non solo delle persone che hanno a cuore il destino dei migranti, che le norme di legge vengano osservate. Lo diciamo perché il diffuso clima anti-stranieri può sdoganare atteggiamenti pericolosi, magari persino determinati da una presunzione di rispetto e promozione della legalità».
L’uomo, peraltro, si era rivolto al medico di base che lo aveva congedato asserendo di non poterlo curare. È sposato e sua moglie è regolarmente presente sul territorio provinciale. Il medico del pronto soccorso si sarebbe, invece, difeso affermando di non conoscere la normativa in vigore. Insomma, la circolare del 2009 rimane un cardine del diritto-dovere alla cura e la preoccupazione latente, a quasi dieci anni dalla sua emissione, è che il personale medico e infermieristico — spesso soggetto ad elevata mobilità — non sia correttamente informato sulle procedure. «La prima regola del medico è curare — rimarcano Cescatti e Zeni — anche i medici di base hanno l’obbligo di occuparsi delle persone irregolari. Servirebbe una maggiore consapevolezza perché tali norme riguardano la vita di soggetti fragili».
Il Gruppo immigrazione e salute del Trentino — 50 medici volontari che hanno come mission la sensibilizzazione delle istituzioni politiche e sanitarie sui bisogni della popolazione migrante e che da gennaio gestiscono anche un servizio ambulatoriale a Trento e Rovereto — non nasconde la sua preoccupazione per l’impatto del decreto sicurezza promosso dal vicepremier leghista Salvini e per l’atmosfera di progressiva intolleranza che avanza. «Il provvedimento ridimensiona drasticamente la protezione umanitaria, limitandola a pochi casi specifici tra cui le cure mediche che però saranno a pagamento — concludono Cescatti e Zeni — L’effetto complessivo sarà quello di spostare numerosi migranti dagli attuali percorsi di accoglienza alla clandestinità. Lo stesso smantellamento dello Sprar, un sistema diffuso di accoglienza che ha registrato un esito positivo, è un segnale preoccupante che solleva molti interrogativi sul futuro di queste persone».