Rubavano trattori cibo e cosmetici Blitz all’alba, diciassette arresti
Firmate 23 ordinanze, 7 latitanti. Indagine partita dal furto di formaggi a Lavis. Ai domiciliari il nonno ricettatore
I carabinieri del nucleo investigativo di Trento hanno smantellato una banda specializzata in furti di trattori, fitofarmaci, alimenti e cosmetici. Ventitrè le ordinanze, 17 gli arresti, sette i latitanti. Giro d’affari da un milione.
TRENTO Uno sguardo al mercato nero, alla tipologia di merce richiesta, che cambiava di volta in volta. Trattori, auto, cosmetici, alimentari: gli ordini erano tanti e per ognuno di questi c’era una batteria pronta a partire per il Trentino, l’Alto Adige e le altre province del nord Italia.
I sondaggi del mercato erano solo l’inizio, poi scattavano i piani predatori, puntuali e ben architettati. Passamontagna, sistemi di sorveglianza oscurati e poi porte sfondate: il modus operandi era lo stesso di tanti altri furti in esercizi commerciali e abitazioni commessi abitualmente, ma dietro ai singoli colpi c’era un’organizzazione solida, ben strutturata, capace di gestire un giro d’affari di un milione di euro. A tanto ammonta la merce rubata (sono 33 i furti e i tentati furti scoperti) dall’organizzazione criminale sgominata dai carabinieri del nucleo investigativo di Trento, che ha portato alla firma di 23 ordinanze di custodia cautelare, chieste dal pm Davide Ognibene, per associazione a delinquere finalizzata al furto e alla ricettazione.
Ieri mattina all’alba cento carabinieri insieme alle unità cinofile hanno fatto irruzione, con in mano l’ordinanza firmata dal giudice Marco La Ganga, in una cascina nel lodigiano, la «Cascina Ben fugito», che ospitava almeno una cinquantina di persone, e in alcune zone dell’hinterland milanese. Sedici persone delle 23 ricercate sono state arrestate, sette sono latitanti, sono ricercate all’estero. In manette è finito anche un parente di uno dei presunti ladri, che era ricercato dalla Procura di Firenze sempre per reati contro il patrimonio. Parliamo di una banda perlopiù composta da persone di etnia rom, che gravitava nel lodigiano e nel pavese, con frange in provincia di Vercelli. Gente scafata, capace e soprattutto del mestiere, secondo gli investigatori. Il procuratore Sandro Raimondi nel tracciare i contorni dell’attività della vasta organizzazione parla di «una struttura operativa di grande spessore» dotata di una organizzazione verticistica. A capo della banda c’era lui: Meclaut Paun, 45 anni, lo stesso che aveva partecipato al colpo alla ditta Zanetti di Lavis dove il 12 novembre 2017 erano state rubate forme di formaggio per ben 6.000 euro. Da qui è partita l’indagine, denominata «Vecchia fattoria», dei carabinieri del nucleo investigativo durata un anno e che hanno permesso non solo di svelare la banda di ladri di formaggio, ma di risalire la piramide e scoprire la vasta organizzazione. Pochi giorni dopo il furto di Lavis, il 23 novembre, viene messo a segno un colpo al concessionario «Auto ok» di Ora, dietro al furto ci sono sempre loro. Il braccio destro di Paun è un altro connazionale Marius Joia che si faceva aiutare nella «gestione» della banda da un terzo uomo: Agim Zaneli. Poi c’erano i ricettatori, due italiani e un egiziano Ayman Gomaa, 36 anni, di S. Giuliano milanese, Diego Vezzu di Vercelli, e poi c’era il decano del «malaffare», l’unico agli arresti domiciliari per motivi di età: Silvano Rosai. Era lui, secondo l’accusa, uno dei principali punti di riferimento della banda; titolare di un negozio di cosmetici, a quanto pare era riuscito a instaurare un rapporto di fiducia e fedeltà con i presunti ladri. Il giudice parla di «sistematicità (quasi imprenditoriale) della collaborazione nella gestione finale della merce rubata». Rosai sarebbe quindi uno degli anelli principali che «governava» i piani predatori insieme agli altri due ricettatori. Nel corso di un anno di indagini i carabinieri hanno ricostruito numerosi furti messi a segno dalla banda, tra cui 12 trattori, cosmetici, 230 ventilatori, forni elettrici, una costosa sega per pavimenti, fitofarmaci e ancora generi alimentari. Nella lista della «spesa» non mancava nulla. Poi c’erano i furti di carburante per le auto, anche queste rubate, utilizzate per mettere a segno i furti nelle aziende del nord Italia.