«La legge parla chiaro E oggi serve un argine contro le parole dell’odio»
De Bertolini: l’applicazione della norma non è arbitraria
TRENTO Andrea de Bertolini, presidente dell’Ordine degli Avvocati, non entra nel merito della vicenda di Cornelio Coser accusato di stalker aggravato dall’odio razziale ai danni di Agitu Ideo Gudeta: «C’è un procedimento in corso, il giudice avrà avuto le sue motivazioni per applicare la legge Mancino nell’ordinanza di custodia cautelare. Ora ci sarà un processo e vedremo gli sviluppi».
La sua è una riflessione più generale: «Partiamo dall’articolo 21 della Costituzione secondo cui tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. Un principio sacrosanto, ma a cui la stessa Carta, le altre fonti del diritto e una giurisprudenza ormai universalmente riconosciuta hanno posto dei limiti».
Tra questi la legge Mancino.
«Strumento legislativo che l’ordinamento italiano offre per la repressione dei crimini legati a discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. La norma agisce contro i crimini d’odio, pone l’aggravante sulle motivazioni ideologiche dell’agire. Un quadro chiaro, come è chiara la sua applicazione».
Chi ne chiede l’abolizione o la rivisitazione contesta proprio la possibile soggettività nell’applicazione...
« L’applicazione della Mancino oggi dal punto di vista giuridico non è complicata. Intendo dire che la distanza tra ciò che è discriminazione e ciò che non lo è è delineata, non ha un carattere soggettivo, liquido o arbitrario. Lo sconfinamento di un comportamento illecito nella discriminazione o nel razzismo è chiaro. Nella giurisprudenza c’è condivisione rispetto ai termini di cos’è o non è discriminazione».
Tornando ad Agitu. A fatti del genere può contribuire indirettamente un certo clima politico?
Non entro nel caso e men che meno in questioni politiche. Preferisco spostare il ragionamento sul terreno della comunicazione: oggi tra chi veicola opinioni sui media e sui social c’è una forte presenza del linguaggio dell’odio, un linguaggio sempre più estremo e radicalizzato che poi si riverbera nella società, producendo forte tensioni e divisioni e alimentando logiche di scontro. Leggetevi l’indagine dell’Università di Warwic che ha trovato un nesso tra le tirate d’odio contro gli immigrati in una pagina facebook e le aggressioni contro i centri d’accoglienza in Germania».
Secondo lei come nasce questo nesso?
«Oggi c’è un elemento riscontrabile nella logica della comunicazione politica: la volontà di accentuare le divisioni anziché analizzare i contenuti. Questo distoglie l’opinione pubblica dall’urgenza dei problemi e sviluppa un continuo scontro tra le parti. E la leva da cui nasce tutto è sempre la solita».
Quale?
«L’individuazione di un nemico, a cui poi additare qualsiasi colpa e contro il quale chiedere risposte drastiche. Questo clima di scontro tra l’altro è la morte della dialettica politica».
In questo contesto la legge Mancino a cosa serve?
La Mancino aiuta a dissuadere dal linguaggio dell’odio e a far rispettare il principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione, secondo cui i cittadini sono uguali senza distinzione di razza».