Dolmen della discordia
«Piazza vuota e senz’anima» Ma gli intellettuali difendono la scelta sulla riqualificazione: «Ora è uno spazio metafisico»
Intellettuali e professionisti si schierano unanimi a favore dei «dolmen» della discordia. A sorpresa, sono in molti a difendere la piazza progettata dall’architetto Fierro, che nei giorni scorsi ha suscitato dure polemiche e critiche roventi da esponenti politici e non, tutti contro il nuovo spazio, definito «vuoto e senz’anima, simile a un parcheggio». Hans Heiss, consigliere provinciale dei Verdi, ha definito i tre elementi di pietra «tre bare». Il progetto è quello di riqualificazione di piazza Magnano a Bolzano, che divide. Il piano di rifacimento della piazza risale al 2012, con un bando provinciale per il concorso di progettazione che aveva l’obiettivo di conferire alla piazza una dignità pari a quella del nome attribuito, è dedicata infatti all’ex presidente provinciale Silvius Magnago. Il concorso è stato vinto a inizio anno dall’architetto Stanislao Fierro. Ha convinto, come si legge, «per la sua chiarezza e semplicità e per gli interventi mirati e sensibili» ed è stato concretamente messo in cantiere tra aprile e agosto 2018. Gli studiosi del territorio lo difendono.
Alberto Winterle, direttore responsabile della rivista di architettura dalla Fondazione Architettura Alto Adige Turris Babel, non ha dubbi nè esitazioni nel difendere il processo che ha portato alla scelta del progetto vincitore. «Il progetto è frutto di un concorso nato dal confronto tra progettisti di livello e scelto da una commissione autorevole. Non si tratta certo di una decisione presa da sprovveduti». E anche riguardo l’estetica si pronuncia a favore: «Condivido la scelta. È vero, si tratta di una piazza vuota e silenziosa, ma mi piace l’atteggiamento silenzioso rispetto al contesto nel quale si trova, tre edifici di epoche diverse, con stili diversi, che rappresentano il potere. Davanti a tale realtà credo sia corretto fare un passo indietro. La piazza diventa così uno spazio metafisico che fa da sfondo a quello che già c’è, aggiungendo qualcosa con un segno più contemporaneo».
Letizia Ragaglia, direttrice del Museion, chiama in causa un paragone illustre. «La piazza del Palais Royal a Parigi è stata al centro di feroci critiche quando fu ristrutturata ormai qualche anno fa, con l’installazione di diversi cilindri bianchi e neri in tutto lo spazio aperto. Ad oggi è uno dei luoghi più fotografati di tutta Parigi. Capita spesso che i nuovi progetti non sempre fanno breccia subito nella popolazione, ma poi vengono apprezzati. Quando un luogo entra a far parte della consuetudine degli abitanti acquista un nuovo significato, questo è un vuoto voluto. Le piazze sono fatte per essere vissute»
L’attenzione si rivolge poi a uno dei progetti scartati, quello dell’architetto Oswald Zoeggeler, che proponeva una piazza affollata di tavolini e sedute. «Proponeva una sorta di salotto urbano, devo dire che mi incuriosiva. Ma credo che questa piazza sul lungo periodo darà delle risposte diverse rispetto alle reazioni a caldo». E per i dolmen? «Così come i cilindri davanti a Palais Royal sono stati riconsiderati dopo che le persone hanno iniziato a utilizzarli come piedistallo per le fotografie, forse basterà qualche selfie per farli entrare nell’occhio delle persone» Peter Paul Kainrath, direttore del festival di arte contemporanea Transart, dice: «Non ho ancora avuto modo di passare per la rinnovata piazza, ma avendo saputo che è stata definita “metafisica” ci andrò il prima possibile. Amo gli spazi vuoti che animano l’individuo e lo spingono a ragionare. Sono sempre favorevole ai luoghi che spingono alla riflessione».
Gli spazi vuoti animano l’individuo e lo spingono a ragionare, a riflettere
Winterle
Condivido la scelta estetica, mi piace l’atteggiamento del vuoto e del silenzio rispetto al contesto della piazza con edifici simbolo del potere
Ragaglia Spesso i nuovi progetti non fanno breccia subito tra la gente, ma poi entrando nella consuetudine vengono amati da tutti
Anche i cilindri davanti al Palais Royal a Parigi non piacevano, ora tutti vogliono una foto