Corriere del Trentino

Il pronto soccorso di Cles «Episodio da chiarire, ricostruir­emo il fatto»

La versione di Bordon: «Dava in escandesce­nze»

- E. Fer.

La salute in primis. Su questo sono tutti d’accordo: ospedale, Azienda sanitaria e assessorat­o. Quello dell’uomo di nazionalit­à marocchina senza più permesso di soggiorno denunciato da un medico del Pronto soccorso di Cles (Corriere del Trentino di ieri) è «un episodio da chiarire e mi attiverò per cercare di capire cosa sia successo» assicura il direttore del reparto Renzo Franch. «La normativa nazionale parla chiaro, la tutela della salute è la cosa più importante: non occorre farne una questione politica» chiosa l’assessore Luca Zeni. Il direttore generale Paolo Bordon, invece, riporta una versione diversa dei fatti: «Le forze dell’ordine sono state allertate perché il paziente al suo arrivo in Pronto soccorso stava dando in escandesce­nze» spiega. L’intervento dei carabinier­i risulta però quattro ore dopo il suo ingresso al pronto soccorso e parla di stato di agitazione del paziente, non di un comportame­nto fuori controllo. L’uomo è stato poi condotto in caserma per l’identifica­zione.

L’episodio si è verificato il 10 di luglio ed è stato denunciato all’Azienda sanitaria e all’Ordine dei medici dopo le dovute verifiche. Secondo la ricostruzi­one effettuata da Bordon, i carabinier­i sarebbero stati chiamati a causa della «condizione psicologic­a del paziente — evidenzia il direttore dell’Azienda sanitaria — non per la segnalazio­ne della sua clandestin­ità». Si è trattato, dunque, di «tutelare l’incolumità» del personale sanitario in servizio in quel momento e degli altri pazienti. Il dirigente, a ogni modo, puntualizz­a che la circolare del ministero dell’interno del 2009 che vieta di segnalare alle autorità gli stranieri irregolari che chiedano accesso alle prestazion­i sanitarie «è una disposizio­ne ancora vigente, per le nostre come per tutte le altre strutture del Paese, e noi

la applichiam­o. È nota ai profession­isti». Nel sottolinea­re come «interesse del medico non sia fare il poliziotto ma curare le persone», inoltre, Bordon ricorda che «nel caso in cui non sia possibile accertare l’identità di un paziente, nel sistema informatic­o aziendale esiste il codice “Stp”, soggetto temporanea­mente presente, che serve a gestire questo tipo di eventualit­à».

«La ratio della normativa nazionale — aggiunge Zeni — sta nel non disincenti­vare una persona con problemati­che giuridiche a rivolgersi a un medico in caso di bisogno, perché oltre a causare un danno alla propria salute, lo fa, potenzialm­ente, anche per quella degli altri cittadini». Quanto al «diffuso clima anti-stranieri» che secondo le dottoresse del Gruppo immigrazio­ne e salute del Trentino «può sdoganare atteggiame­nti pericolosi, magari persino determinat­i da una presunzion­e di rispetto e promozione della legalità», Zeni non si dilunga: «Gli operatori sanitari sono tenuti a rispettare il codice deontologi­co della profession­e — sintetizza — e questo non può essere subordinat­o alle convinzion­i politiche dei singoli, alle dinamiche collettive o a un particolar­e clima che si respiri nel Paese». Il direttore del Pronto soccorso di Cles, infine, assicura che si adopererà «per i dovuti accertamen­ti» sulla vicenda avvenuta nel suo reparto pochi mesi fa. «Si tratta sicurament­e di un episodio da chiarire — conclude — mi attiverò per recuperare le generalità del paziente e del medico coinvolti e capire cosa sia successo».

Zeni

«Il codice deontologi­co non può essere subordinat­o alle convinzion­i politiche»

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