Corriere del Trentino

«Clandestin­o denunciato, i dottori devono curare»

Interviene la Federazion­e nazionale dei medici. Cles allibita: una vergogna

- Di Erica Ferro

«Quando parliamo di salute non servono tifosi. Se parliamo di soggetti fragili, il dovere di curare è amplificat­o». Questo il giudizio del presidente della Federazion­e nazionale dei medici Filippo Anelli sul caso del clandestin­o denunciato. Allibiti gli abitanti di Cles: una vergogna.

TRENTO Al pronto soccorso di Cles le bocche sono cucite. I medici trincerati in corsia, impegnati a curare i codici verdi e bianchi che attendono silenziosi e composti nella piccola sala d’attesa, mentre lo schermo di un televisore sintonizza­to sul canale Focus diffonde le immagini di un documentar­io dedicato all’Airbus A350. Sembra essere un pomeriggio tranquillo nell’area di urgenza dell’ospedale Valli del Noce. Fuori, invece, il centro del capoluogo noneso è vivace e affollato: molte persone, la maggior parte, dicono di non sapere nulla della vicenda che si è verificata nel nosocomio cittadino lo scorso 10 luglio. Sulla quale si è pronunciat­o invece il presidente della Federazion­e nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatr­i (Fnomceo) Filippo Anelli: «Quando si parla di salute non c’è bisogno di “tifosi”, abbiamo già riferiment­i chiari e precisi, i principi del codice deontologi­co e le evidenze della scienza. Anzi, se parliamo di soggetti fragili, il dovere di curare e di tutelare la loro salute è amplificat­o, elevato all’ennesima potenza. Da un punto di vista profession­ale, inoltre, un medico non può non tener conto che la paura di una denuncia costituisc­e senz’altro un deterrente alle cure e che questo può essere pericoloso per il singolo e, specie nel caso di malattie trasmissib­ili, per la collettivi­tà».

«Sarebbe vergognoso e ingiusto» commenta invece il signor Ruggero, dopo aver ascoltato la ricostruzi­one dei fatti: un uomo di nazionalit­à marocchina senza più permesso di soggiorno è stato denunciato dal dottore del Pronto soccorso cui si era rivolto per ricevere delle cure. Alla base delle segnalazio­ni del caso fatte pervenire all’Ordine dei medici e all’Azienda sanitaria ci sono le testimonia­nze del paziente, residente in val di Non, e della moglie che quel giorno l’aveva accompagna­to in ospedale. «Sarebbe davvero ingiusto, queste cose non dovrebbero succedere» prosegue il signor Ruggero continuand­o a chiedere notizie.

Secondo chi ha portato alla luce il caso, inoltre, il sistema informatic­o dell’Azienda sanitaria nel quale vengono registrati tutti i pazienti che hanno accesso alle cure delle strutture ospedalier­e conservere­bbe traccia del fatto che all’uomo non è stato consentito di completare gli accertamen­ti e non ha ricevuto nessuna indicazion­e terapeutic­a. Rimane anche il dubbio riguardo alla necessità di ricorrere alle forze dell’ordine per lo stato di agitazione del paziente e non, ad esempio, a uno psicologo o psichiatra.

«La gente va curata tutta» ci dice una signora che preferisce rimanere anonima. «Certo — le fa eco il marito, anche lui non vuole dire il proprio nome — ma è anche giusto che tutti possano essere identifica­ti, ognuno deve avere con sé i documenti». «Non si può mandare i via i pazienti senza una terapia, è anche pericoloso per la salute degli altri — aggiunge la donna — prima si prestano le cure, poi dopo si bada al resto». Un anziano di origini calabresi, da una vita ormai residente in Trentino, si avvicina e ricorda «quando gli immigrati eravamo noi del Sud». Sono in tanti, tuttavia, a dire di non conoscere la vicenda o comunque a non volerne parlare. Anche il sindaco Ruggero Mucchi: «Non sono a conoscenza del caso — riferisce — e preferisco non dire nulla in proposito».

Chi invece si è espresso è stato Anelli, presidente della Federazion­e nazionale: «Bene ha fatto l’Ordine ad avviare l’attività disciplina­re, per dare modo al medico di fornire la sua ricostruzi­one dei fatti e per tutelare il principio secondo cui il comportame­nto dei medici deve essere valutato secondo le regole del codice deontologi­co».

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(Foto Pellegrini) Valle di Non Il pronto soccorso dell’ospedale di Cles
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