LA SINDROME DA CAMMELLO E L’EDUCAZIONE DEI GIOVANI
Tra un tiro e l’altro di sigaretta un vigoroso e liberatorio sputo a terra. Certamente non mi riferisco a quelle «manifestazioni» tipiche delle persone anziane, correlate frequentemente a problemi alle vie aeree e respiratorie, sicuramente anch’esse piuttosto sgradite alla vista, ma a certe abitudini tra non pochi giovanotti, che, quasi ritmicamente, con sigaretta in bocca, disseminano l’asfalto stradale, i bolognini dei marciapiedi e delle piazze, la pavimentazione delle aree di sosta ferroviaria, con i loro comportamenti poco consoni(e giusto per inciso, trattasi di ragazzi-studenti spesso italiani). Una vera «sindrome da cammello». Come spiegano alcuni professionisti, esperti psicologi o studiosi dei comportamenti umani, sputare può risultare un atto semplicemente «catartico», purificatorio in relazione a un nonsoché di dannoso o di pernicioso; nell’atto ci sarebbe l’esplicitazione di un qualche simbolismo: liberare se stessi da una brutta sensazione o da qualche paura paralizzante; ci sono stati nel mondo come la Grecia in cui è consuetudine sputare tre volte dopo avere fatto un complimento a qualcuno e in tal senso ha lo scopo di proteggere dal malocchio; altri, come sociologi, individuano una connotazione maschile di marcatura del proprio territorio, così da sembrare più forti e segnare il proprio spazio. Probabilmente più è frequente e più abbondante il flusso «tanto sei più figo». Si ritiene che possa essere un segno della spavalda maschilità e che possa rientrare tra le strategie ammaliatrici e seduttive nei confronti dell’altro sesso! Ecco allora un inedito e curioso rituale di corteggiamento.
Aldilà di quelle che possono dimostrarsi come più o meno valide ragioni «socio-antropologiche», ai più quel rituale disinvolto e cagionato da «impulsi irrefrenabili» appare, inequivocabilmente, un’autentica indecenza oltre che una squallida lordura. Sarà, talvolta, la sensibilità al tabacco, ma... ragazzi miei che spettacolo immondo! Oltretutto, i più «azzardati» si esibiscono con assoluta nonchalance e menefreghismo, mani in tasche e petto in fuori, credendo, forse, in quei momenti di essere gli unici e indiscussi padroni del mondo, non avvertendo peraltro alcuna legittima vergogna o sensazione di sano disagio. Perché non attivare un bel corso scolastico di educazione civica al riguardo, stabilendo pure delle sanzioni amministrative per simili comportamenti incivili, se già non sono previste? Certo, fanno pensare e creano un evidente disgusto le vecchie sputacchiere in alluminio e in ottone, usate anche in Italia nei primi decenni del ‘900. Tuttavia, la sua introduzione nei luoghi pubblici, come negozi, alberghi, nonché in altri luoghi altamente frequentati, venne valutato un progresso in termini di civiltà e igiene: d’altra parte l’utilizzo di tale contenitore serviva a combattere la malsana abitudine di sporcare pavimenti, strade e marciapiedi. Perdonatemi la provocazione finale...
LCaro Riccadonna, e confesso che il tema proposto mi provoca profonda irritazione, visto che le mie scarpe — come penso quelle di molte altre persone — finiscono non di rado per essere oggetto privilegiato della «sindrome da cammello». Francamente non scomoderei psicologi o sociologi, la verità è che l’educazione, in molti casi, è diventata un optional. Sono sempre stato un convinto sostenitore della necessità di ridare impulso all’educazione civica, anche se nel caso da lei sollevato diventa fondamentale il ruolo della famiglia. Per quanto concerne le sanzioni, a Trento vige dal 2016 un regolamento di polizia urbana nel quale è stata scelta giustamente la linea dura, con la previsione di sanzioni amministrative doppie rispetto agli altri comportamenti che compromettono il decoro urbano (sdraiarsi in strada, innaffiare senza precauzioni, stendere i panni sulle pubbliche vie): lo sputo può essere punito con il pagamento di una multa di ammontare minimo pari a 54 euro, ma che può arrivare sino a 324 euro. L’esempio trentino non è neanche il più severo: a Palma Campania, ad esempio, si rischia una sanzione che può toccare i 500 euro.