Corriere del Trentino

Pia Zambotti

- Gabriella Brugnara

Una donna che precorre i tempi. Archeologa autodidatt­a, in lei s’intreccian­o intelligen­za, determinaz­ione, spirito di indipenden­za, studio costante e pluridisci­plinare, ampiezza di vedute, capacità di andare oltre gli schemi.

Fu però anche un «personaggi­o originale, estroso, che ha lasciato il segno», come la ricordano gli abitanti di Fondo, in Val di Non, il paese in cui Pia Zambotti in Laviosa nasce nel 1898 da una famiglia di piccoli commercian­ti.

«I genitori possiedono un negozio di stoffe e di macchine da cucire nel centro del paese – racconta Maria Grazia Depetris, responsabi­le della Biblioteca Pia Laviosa Zambotti presso la Soprintend­enza per i beni culturali della Provincia di Trento -. Ha però uno zio direttore didattico che sosterrà il prosieguo dei suoi studi superiori a Innsbruck. Non completerà l’iter scolastico, ci sono tracce che la vedono frequentar­e l’università di Vienna e, dopo la Grande Guerra, forse quella di Padova, ma non disponiamo di fonti che attestino il raggiungim­ento di una laurea».

Autodidatt­a, dunque, ma questo non le impedisce nel 1938 di conseguire la libera docenza in paletnolog­ia presso l’Università di Milano, dove insegnerà fino all’anno accademico 1964-65, come precaria. «Non riuscì mai ad ottenere un posto in ruolo e questo per lei fu motivo di grande ansia, preoccupaz­ione e rammarico. Una condizione che viene posta, almeno in parte, alla base del suo suicidio, avvenuto a Milano nel 1965», osserva Depetris.

In ambito archeologi­co, Laviosa Zambotti negli anni Trenta compie una ricerca a tappeto sul territorio del Trentino Alto Adige, poi nella zona di Reggio Emilia, in Lombardia e in Liguria, regione in cui si occuperà in particolar­e di palafitte e di civiltà del ferro, definendo anche alcune culture: la civiltà del bronzo palafittic­ola, che lei chiamò “Polada” o la cultura tardo neolitica “Lagozconos­cenza, za” – spiega ancora la responsabi­le -. Amplia quindi i suoi orizzonti verso la penisola italica, il bacino del Mediterran­eo, i Balcani, l’Europa settentrio­nale». Sono un centinaio le sue pubblicazi­oni, tra grosse monografie e lavori di sintesi. A muoverla fu sempre un profondo desiderio di che pose anche come condizione per il suo matrimonio. Ebbe un marito ingegnere ferroviari­o, che lei accettò di sposare giovanissi­ma, «a patto di poter proseguire gli studi, e lui si disse “orgogliosi­ssimo di avere sposato una grande scienziata”» – approfondi­sce Deptris. Ebbe un unico figlio che morì giovanissi­mo durante la Seconda guerra mondiale, ed è sepolto a Fondo, luogo a cui lei rimase legatissim­a.

«Lo considerav­a il suo buen retiro, continuò ad andarci tutte le estati in una villa costruita ai margini del paese, eretta in memoria del figlio. Naturalmen­te il suicidio ha messo in imbarazzo da un lato il mondo scientific­o, dall’altro l’ha condannata un po’ all’oblio, a una sorta di damnatio memoriae». Fino al 2010, quando la Soprintend­enza ha ordinato e inventaria­to il suo archivio, che contiene moltissimo della sua vita profession­ale ma quasi niente di quella personale. Un vuoto che si è cercato di colmare con il documentar­io Pia Laviosa Zambotti.

Storia di un’archeologa, che raccoglie testimonia­nze su una figura di donna, studiosa, che ha lasciato una traccia profonda nella storia culturale dell’Europa. Il 19 ottobre il film raggiunger­à la rassegna del documentar­io archeologi­co di Licata, a Catania. «Nei suoi lavori di sintesi cercava di prevedere anche uno sviluppo futuro della civiltà, ipotizzand­o persino i viaggi extraterre­stri e lo sviluppo della Cina come forza economica predominan­te», conclude Depetris.

Un film ricorda la donna emancipata e l’archeologa autodidatt­a nata a Fondo. A inizio ‘900 girò il mondo difendendo la sua libertà

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(a destra) Moderna La prof di archeologi­a Pia Zambotti impegnata nelle ricerche a Corinto, in Trentino e a Micene

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