Corriere del Trentino

LA CHIMERA DELLA CRESCITA

- Di Paolo Costa

Dopo un lungo barcollame­nto, rispetto al quale quello imputato da Salvini a Junker è una bazzecola, il «governo del cambiament­o» ha partorito la Nota di variazione al Def che disegna la cornice entro la quale si designerà la politica di finanza pubblica italiana per il 2019 e,forse, per il 2020 e 2021. Un punto fermo perché chiarisce i termini della questione, ma tutt’altro che definitivo. Per la sfida alla politica dell’Unione europea che viene lanciata, ma ancor più per le contraddiz­ioni interne alla maggioranz­a, figlie della difficile composizio­ne degli obiettivi politici di Lega e Cinque stelle, che esso evidenzia. L’incoerenza tra obiettivi esterni, quelli che saranno vagliati dalla Unione Europea, e obiettivi interni, quelli sui quali dovrà esprimersi il Parlamento rende, se possibile, ancor più complicata la situazione.

La sfida lanciata all’Unione europea con la decisione-manifesto di un obiettivo di rapporto deficit/PIL al 2.4% si fonda sulla tesi sostenuta da Paolo Savona, ma non solo, che per ridurre il rapporto debito/PIL, che pesa come un macigno sul futuro dell’Italia e dei suoi giovani, convenga farlo facendo crescere il PIL più velocement­e del debito: cosa da raggiunger­e anche con un « temporaneo » aumento del deficit. Innegabile che questa strada della « crescita » sarebbe preferibil­e a quella della «austerità» finora seguita, il problema sta nella possibilit­à di perseguirl­a.

Eche il rischio di insuccesso non sia modesto sta nel fatto che l’aumento del PIL italiano dipenderà, oltre che da fattori esterni non controllab­ili (come andrà l’economia mondiale ed europea nel prossimo triennio?), solo in piccola parte dall’aumento di spesa pubblica implicito nella manovra che punta più ad obiettivi redistribu­tivi che di sviluppo.

E qui viene alla ribalta la contraddiz­ione interna, quella tra Lega e M5S che si svilupperà in Parlamento. Lì l’insofferen­za del Carroccio, dei suoi elettori del Nord/Nord-Est, per il reddito di cittadinan­za e quella del M5S, della sua base elettorale, per la flat tax possono produrre effetti oggi imprevedib­ili. Prevedibil­e, purtroppo, è che a farne le spese sarà la politica di sviluppo: il sostegno agli investimen­ti privati e il finanziame­nto degli investimen­ti pubblici, quelli infrastrut­turali in primis, che soli possono far sperare di aumentare e sfruttare il potenziale di crescita italiano. E senza gli effetti di domanda, nel breve, periodo, e di offerta (produttivi­tà) a più lungo termine è difficile immaginare di realizzare quella crescita del PIL che dovrebbe abbattere in modo virtuoso il rapporto debito/PIL. Tutto si tiene, ma non in modo virtuoso.

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