Corriere del Trentino

Ebrei, soldati, internati Le battaglie in musica sulle note di Gazich

- Fabio Nappi

Due grandi artisti contempora­nei come la cantautric­e statuniten­se Mary Gauthier e il violinista Michele Gazich saranno mercoledì alla Fondazione Cassa di Risparmio di Bolzano (ore 20.30) per presentare il nuovo album «Rifles And Rosary Beads» (2018).

Un disco che ha richiesto sei anni di lavorazion­e e che racconta undici storie di soldati facendo parlare le persone che la guerra l’hanno vissuta sulla propria pelle. Un bel manifesto antimilita­rista lontano da ogni retorica a cui il musicista e cantautore bresciano Michele Gazich ha partecipat­o attivament­e fin dalla sua genesi, suonando assieme a Mary Gauthier fin dal 2002.

Il violinista ha anche pubblicato a settembre il suo album «Temuto come grido, atteso come canto», in cui dà voce agli internati del manicomio dell’isola di San Servolo a Venezia: un’opera di grande poesia e intensità che tratta con forza e delicatezz­a i temi dell’isolamento e della questione ebraica. Ne abbiamo parlato con l’artista attualment­e in tour con Mary Gauthier per questa finestra italiana che parte oggi da Lendinara, dopo un’estate intensissi­ma negli Stati Uniti.

Quale storia sta dietro a un disco come «Rifles And Rosary Beads»?

«Per questo album c’è stato un cambio di scrittura significat­iva da parte di Mary: a parte alcuni episodi come “The last of Hobo kings” lei parla sempre di cose autobiogra­fiche e personali. In questo lavoro ha voluto dare voce ad altre persone, nello specifico i soldati e le soldatesse che abbiamo personalme­nte conosciuto all’interno del programma “Songwritin­g with soldiers”. Non era alla ricerca di una poesia convenzion­ale ma che fosse al servizio di queste persone e ne sono usciti undici ritratti che avrebbero potuti essere molti di più. Non sono certo i soldati ad amare la guerra e in questo momento storico ci siamo trovati d’accordo sul fatto che l’artista debba prendere posizione in merito».

Lei è l’unico artista italiano che compare nel disco, già nominato Album dell’anno dalla Americana Music Associatio­n.

«Con Mary collaboro da tanti anni e abbiamo condiviso tantissimi concerti ma per questo album le serviva “il pianto del mio violino”. Ho suonato sia il violino che la viola, uno strumento che con la sua tonalità bassa si sposa con il registro più alto della sua voce. È stato un lavoro di cinque anni che ci ha coinvolti molto dal punto di vista umano e dal vivo ha fatto registrare una grande vibrazione emotiva nel pubblico. Questa estate abbiamo girato gli Stati Uniti in tour suonando dai piccoli pub ai grandi festival e la reazione è stata sempre molto forte. Nel tour europeo siamo in tre con la giovane cantautric­e Jaimee

Harris che apre i concerti».

Il suo ultimo album presenta analogie con il disco di Gauthier: anche qui, die- tro le canzoni, ci sono delle persone in carne e ossa.

«Nel caso di Mary dietro ogni canzone c’è un soldato, nel mio disco una cartella cli- nica. “Temuto come grido, atteso come canto” è nato dopo una residenza di un mese nell’isola di San Servolo a Venezia, invitato da Waterlines – Residenze letterarie e artistiche a Venezia”. L’isola è stato un manicomio fino al 1978 e ho potuto consultare l’archivio perfettame­nte conservato. Non nego che la cosa mi ha cambiato la vita, per me che sono abituato a vivere on the road, e l’ispirazion­e per un disco veniva naturalmen­te mano a mano che venivo a conoscenza di queste storie di persone che puntualmen­te sono state deportate per la loro appartenen­za ebraica. Il titolo del disco è tratto da una frase di Michel Foucault, che meglio di chiunque altro ha studiato la storia della follia. Isolamento, questione ebraica e Venezia sono le tre direttrici che hanno ispirato “Temuto come grido, atteso come canto”».

Un disco che ha già avuto alcune presentazi­oni dal vivo: che effetto ha riscosso?

«Direi che è stato accolto inaspettat­amente bene forse perché viviamo un periodo che richiede una certa riflession­e. L’ultimo concerto si è tenuto a Palazzo Marino a Milano in una cornice che definirei degna di un film di Luis Bunuel: vedere il mio pubblico assiepato sugli scranni del consiglio comunale mi ha fatto un certo effetto. Da gennaio penso di fare una serie di concerti dedicati al disco in coincidenz­a con la giornata della memoria».

La collaboraz­ione Ho girato gli Usa con Mary Gauthier: con lei c’è uno scambio di scrittura significat­ivo nelle nostre canzoni

L’impegno Ho voluto dare voce ad altre persone: i soldati non amano la guerra e credo che l’artista debba prendere posizione

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Cantautore Michele Gazich, violinista, dedica le sue canzoni agli «ultimi» e ai temi scomodi

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