Ghezzi: «Pensiamo ai trentenni a rischio marginalità»
Il leader di Futura2018: «Alleanza tra le parti sociali per un welfare di secondo livello»
TRENTO L’attenzione di Futura 2018 si concentra su «una fascia di marginalità sociale spesso dimenticata in campagna elettorale», quella che, spiega Paolo Ghezzi, «racchiude i trentenni trentini». Giovani, ricercatori e professionisti, ma non solo. «Persone che si trovano già sul mercato del lavoro, ma in condizioni di precarietà, spesso privi delle garanzie di una rete di welfare» e che «la manovra di bilancio nazionale, appesantendo il debito pubblico, potrebbe svantaggiare ulteriormente». Una fetta dell’elettorato — numericamente non la più consistente — che le lista di Ghezzi potrebbe rimotivare nel tentativo di rincorrere, nello sprint finale della campagna elettorale, l’obiettivo del 10%. Nel programma di Futura 2018 si parla di sviluppo economico partendo dalle peculiarità territoriali, di un piano di lavoro qualificato per giovani generazioni e di triangolazione lavoratori, imprese e pubblica amministrazione.
Quali proposte portate in tema di welfare e lavoro?
«Innovazione e lavoro sono due cardini del nostro programma. Vorremmo lanciare la proposta di welfare di secondo livello, pensato su base strategica territoriale. Oggi soltanto le aziende più strutturate offrono un welfare di secondo livello. Noi vorremmo far sì che ciascun territorio arrivi a prendere atto delle proprie risorse e a metterle in rete. Si tratta di creare un’alleanza tra mondo produttivo, categorie, sindacati, provincia e comunità territoriali».
Ragionamenti sul welfare aziendale sono già stati avviati negli ultimi anni.
«Certo, ma vorremmo che diventasse un piano organico a regia provinciale. Se messe a sistema, le azioni di welfare generativo potrebbero dare risposte molto più efficaci alle esigenze sociali e culturali. In un’ottica di responsabilità collettiva, che vede anche il piccolo artigiano mettere a disposizione le proprie competenze, il territorio diventa il laboratorio reale per la costruzione di una rete tra intelligenze e capacità economiche. E, perché no, anche terreno di pratiche di interscambio generazionale».
Vi ponete un obiettivo sociale, o anche economico?
«Mettere a sistema le risorse umane, di cui proponiamo una sorta banca dati, e le realtà imprenditoriali può portare molti vantaggi. Pensiamo al mondo della ricerca: questa dovrebbe essere più connessa
Mettere a sistema le risorse umane di cui disponiamo e di cui proponiam o una sorta di banca dati sarebbe utile
al tessuto produttivo locale e trasformata in impresa o professionalità che resta sul territorio. Negli anni passati, nonostante gli investimenti importanti, si è pensato al risparmio immediato sul costo del lavoro, con politiche di esternalizzazione o contratti a tempo determinato. Col risultato che ora il Trentino rischia di perdere competenze e non guadagnare in attrattività. Al pubblico, poi, spetta il compito di facilitare le nuove iniziative imprenditoriali, alleggerendo il carico burocratico e velocizzando le tempistiche».