A Trento lo sport dei record E il Festival è subito sogno
L’inaugurazione al Teatro Sociale. Parte la grande kermesse
TRENTO «Tutto vero!». Proprio come titolava la Gazzetta dello sport il 10 luglio 2006 celebrando in copertina l’Italia campione del mondo. Non ha potuto fare a meno di notarlo il direttore della «Rosea» Andrea Monti, ieri sera, calcando il palco del teatro Sociale: il gotha dello sport mondiale è a Trento ed è «tutto vero». Ha preso il via ufficialmente, dunque, il «Festival dello sport» di Gazzetta e Trentino Marketing, con Ilaria D’Amico a braccetto con il presidente della Provincia Ugo Rossi e il sindaco di Trento Alessandro Andreatta. Con il tripudio di affetto riservato alle Farfalle azzurre, le ragazze della nazionale di ritmica campione del mondo. Con tre incredibili campioni uno in fila all’altro: il pilota più titolato del Motomondiale Giacomo Agostini, il primo italiano a vincere una medaglia d’oro alle Olimpiadi nello sci nordico Franco Nones e Elisa Di Francisca, doppio oro olimpico a Londra 2012. Perché a pochi giorni dalla candidatura di Milano e Cortina (e anche di una piccola porzione di Trentino) alle Olimpiadi invernali del 2026, non si poteva non «dare una spruzzatina di spirito olimpico alla serata» secondo le parole di Monti.
Pazza idea
Ci sono Rossi e Andreatta a fare gli onori di casa, certo, ma l’onere spetta al presidente di Rcs Mediagroup Urbano Cairo amante, come sottolinea Monti, delle «pazze idee» come sembrò, un anno fa, quella di organizzare un Festival dello sport che riunisse in un solo luogo oltre 150 rappresentanti dello sport ai suoi massimi livelli. «Se vuoi realizzare una cosa prima devi sognarla», ecco il mantra di Cairo: «Sognare e cercare di provare a fare tutto – conferma l’editore – il talento, unito all’impegno, alla costanza, alla voglia di fare che consente di superare i momenti difficili, fa funzionare tutto nel verso giusto. Il tutto condito anche da un pizzico di fortuna, per questo faccio un in bocca al lupo a Trento».
Presidente del Torino, inevitabile, per Cairo, un passaggio sulla situazione che sta vivendo il calcio italiano: «È un mondo che sta attraversando una fase di ripensamento e di rilancio, nonostante non sia ancora un momento facilissimo, lo vediamo con la Nazionale – osserva – ma l’Italia è un grande paese, il nostro movimento calcistico è di grandi dimensioni, possiamo ambire a fare qualcosa di importante. Tutto va un po’ rifondato, speriamo che il nuovo presidente federale porti avanti le riforme di cui c’è bisogno per far sì che la serie A torni a essere un campionato apprezzato nel mondo».
Campioni
Ma non di solo calcio vive il Festival, anzi. Una panoramica sulla ricchezza del programma allestito per i prossimi tre giorni lo offre al pubblico il vicedirettore vicario della Gazzetta Gianni Valenti, che della kermesse è il direttore scientifico. «L’obiettivo numero uno è fare cultura dello sport – evidenzia
Urbano Cairo Il mondo del calcio sta attraversando una fase di ripensamento e di rilancio, nonostante sia ancora un momento non facilissimo
– per fare in modo che le persone possano apprendere i valori dello sport, che poi sono quelli fondamentali per la nostra vita di tutti i giorni, dai campioni che hanno compiuto delle imprese». Come Franco Nones ad esempio. Classe 1941, da Castello di Fiemme all’olimpo dello sci di fondo. «Quella mattina ero tranquillo, avevo fatto undici gare prima delle Olimpiadi – racconta ripensando a quel 7 febbraio del 1968 a Grenoble – sono partito sicuro di me stesso e dopo 500 metri ero in testa con 5 secondi di vantaggio su Eero Mäntyranta, che poi arrivò terzo, al decimo chilometro ne avevo 30. Al 25esimo chilometro mi sono convinto: il fiato c’era, non avevo sbagliato una curva». Vinse dando 52 secondi a Odd Martinsen e un minuto e 15 a Mäntyranta. «Per altro — ha poi aggiunto Nones — i primi anni che andavo in Scandinavia mi chiedevano da dove venissi e nessuno sapeva dove fossero il Trentino e la val di Fiemme. Allora io sottolineavo che la mia valle era a cento chilometri da Cortina, dove avevano organizzato i giochi olimpici invernali pochi anni prima e gli scandinavi avevano vinto tutto:
solo così si rendevano conto da dove venissi».
Elisa Di Francisca, invece, l’oro di Londra lo sognò. «Una tribuna con mio padre, mia madre, mio fratello e mia sorella che guardavano una gara al cardiopalma con le facce che poi esplodevano di felicità e capivo che in pedana c’ero io – ricorda – così poi andò: vinsi per una stoccata. E quella mattina non sentii nemmeno la sveglia». Una giornata indimenticabile per il fioretto azzurro, con Arianna Errigo d’argento e Valentina Vezzali di bronzo. Così come non si possono dimenticare i 15 titoli mondiali di Giacomo Agostini. «Ma ne ho conquistati anche 18 italiani e 311 gare, perché nessuno ne parla mai?» scherza il pilota bresciano. Suo padre pose la firma necessaria per far correre il figlio diciottenne solo
su consiglio del notaio del paese. Che tuttavia invece di motocicletta aveva capito bicicletta. La storia di Agostini pilota iniziò proprio con la Trento-Bondone del 1961: «Il mio meccanico era il panettiere del paese – rammenta – per risparmiare mi portai le cotolette della mamma, comprai 4 o 5 chili di pane e l’idrolitina per fare l’acqua minerale: per tre giorni mangiammo pane, cotolette e salame».
Sulle ali
Gli tributano applausi generosi anche le decine di piccole ginnaste in erba che affollavano i palchetti del Sociale per un unico obiettivo: vedere dal vivo le loro beniamine, le Farfalle. Entusiasmo ricambiato da uno spettacolo magico. Ed è un calore cui di certo il teatro non è abituato e che solo lo sport è in grado di far germogliare.