Quell’arte che sogna lo spazio e viaggia nel tempo
Un viaggio attraverso cento opere al Museion di Bolzano, dagli anni Cinquanta alla fine degli Ottanta. E’ la mostra Tutto, Prospettive sull’arte italiana, opere che decollano in un particolare periodo storico fatto di sogni e di conquiste, una su tutte, quella dello spazio. Anni in cui gli occhi erano rivolti al cielo e alla corsa all’infinito che vedeva protagoniste le navicelle Soyuz e Apollo. Dice la direttrice Letizia Ragaglia: «Si sono lanciati alla conquista dello spazio». Un elemento fondamentale che spiega anche quanto la mostra vada contestualizzata storicamente.
L’esposizione che inaugura questa sera e resterà aperta fino al 24 marzo, si ispira, però, ad un «Tutto» preciso, l’opera di Alighiero Boetti a cui è dedicato uno spazio speciale al primo piano del museo d’arte contemporanea bolzanino. E’ al piano superiore, però, nella sala dedicata alla genialità dell’artista torinese, che si può può apprezzare la visione artistica di Boetti sotto ogni sfaccettatura.
Le sue opere più note, divenute ormai illustrazioni utilizzabili come i classici degli Uffizi, sono accompagnate dallo straordinario «Vedere i laterali» in cui le virgole abbandonano le lettere dell’alfabeto per volare in un classico cielo blu o navigare su un mare privo di onde.
Ma c’è spazio anche per la versione bellica di «Tutto» in tuta mimetica (nelle versioni 1968 e 1980) e per i dipinti dei primi anni Novanta che già inglobano l’immaginario dei videogame.
Ma, soprattutto, è possibile ammirare «Emme, I, Elle Elle e..» opera che conquista lo spazio che la circonda e in cui il il colore tracima dalla cornice: un piccolo passo per un pittore, un grande passo per l’arte. E’ vero, il balzo, il vero e proprio salto, lo avevano compiuto, in anni precedenti, i tagli di Lucio Fontana che, non a caso, condivide la sezione speciale della mostra con il «Tutto» di Boetti. Ma «Emme, I, Elle Elle e...» esemplifica al meglio il percorso artistico di quegli anni.
Al di là di «Tutto», come ha spiegato la direttrice Letizia Ragaglia: «L’esposizione dimostra quanto sia stata viva e sperimentale l’arte italiana del dopoguerra, soprattutto a partire dalla metà degli anni Cinquanta. L’unione della collezione di Museion con quella della Sammlung Goetz permette di presentare un panorama di grande fascino». Il risultato permette ai visitatori di ammirare opere di Mario Schifano, Dadamaino, Maurizio Nannucci, Piero Manzoni, Carla Accardi, Michelangelo Pistoletto, Nanni Balestrini, Emilio Isgrò e molti altri, opere in grado di comporre una e più prospettive su un periodo dell’arte italiana che merita di essere adeguatamente rivalutato.
La mostra dedica un ampio spazio anche alla fotografia con una sezione costituita in prevalenza da lavori della Sammlung Goetz.
Immagini che testimoniano come a partire dagli anni Sessanta, la fotografia, utilizzata dagli artisti e non dai fotografi, si sia potuta trasformare in una dichiarazione d’intenti e in un manifesto di poetica. Le opere in mostra vanno dalla Poesia Visiva di Ketty La Rocca alla Narrative Art di Michele Zaza, dalle trasformazioni di Giorgio Ciam alle avventure di Marcello Jori, solo per fare alcuni esempi.
Il percorso è arricchito da una sezione di libri d’artista e da un’ampia selezione di materiali provenienti dagli archivi degli artisti.
Tra i materiali più interessanti, l’ottavo manifesto dello Spazialismo pubblicato nel 1958 in occasione della 29esima biennale di Venezia: «E’ crollato il muro che circondava l’uomo – si legge -. L’orizzonte è spostato all’infinito. Sono stati aperti i cancelli sul panorama dell’universo, è stato offerto lo splendore della luce iniziale». I limiti sembravano svaniti.
Al Museion di Bolzano in mostra cento quadri dagli anni Cinquanta alla fine degli Ottanta Da Boetti a Schifano e Pistoletto: utopie e conquiste