Molti candidati, Valsugana ancora indecisa
A Borgo c’è chi voterà esponenti locali: «Ma vogliamo volti nuovi» Pergine, i cittadini spingono sull’Autonomia: qui serve serenità
TRENTO «Che confusione, sarà perché votiamo». Parafrasare i Ricchi e poveri, per quanto banale forse, consente di cristallizzare in un fermo immagine la situazione della Valsugana a pochi giorni dal voto. È sempre bene non generalizzare, certo, da Borgo a Pergine i cittadini con le idee chiare non mancano, ma in questa porzione di Trentino orientale sono in molti a palesare uno zibaldone di pensieri di fronte all’incombere delle elezioni provinciali. Uno smarrimento dovuto da un lato alla ridda di candidati e liste — più d’uno sottolinea questo aspetto come negativo per una provincia «grande quanto un sobborgo di Roma» — e dall’altro da una presunta irriconoscibilità degli orientamenti: «Non si capisce più chi sia di destra e chi di sinistra» ci dicono a Levico. I cittadini della Valsugana dimostrano inoltre un certo attaccamento all’autonomia, che viene spesso citata come valore positivo senza nemmeno bisogno di fare domande ad hoc. Non mancano, tuttavia, nemmeno i toni critici evocanti il cambiamento, soprattutto di volti.
Borgo e Levico
Una certa diffidenza ci accoglie a Borgo, ma anche un buon caffè, quello del Roma in largo Dordi, che vide spesso sedere fra i suoi tavoli Alcide De Gasperi. Michele ce lo serve e fra un cappuccino e un espresso rivela di non andare a votare «da anni»: «E domenica andrò a fare una gita» aggiunge. «Il Trentino è un’isola felice, siamo amministrati bene — ammette — viva l’autonomia e speriamo rimanga, ma i burattinai sono sempre a Roma e muovono i fili anche qua». Se Michele si definisce «estremista», la ventiduenne Jenny Pecoraro si annovera tra le fila dei confusi: «Andrò a votare perché è importante, ma non so ancora per chi. Quando mi confronto con gli amici emergono le idee più disparate, i miei genitori, invece, mi suggeriscono di votare qualche candidato del territorio anche se io non li conosco». Anche per Luigi «un rappresentante della Valsugana in consiglio provinciale ci vorrebbe» e David gli dà manforte: «Cercheremo di votare persone della zona affinché migliorino le nostre condizioni di vita». Un candidato piuttosto noto ci sarebbe, il sindaco Fabio Dalledonne, che ha lasciato il suo posto al vice per correre con Civica trentina, ma dai suoi concittadini non viene nominato esplicitamente. «Di certo non voteremo più quelli di prima — evidenzia David — ci vogliono volti nuovi, non i soliti ripescaggi che vengono fatti a destra come a sinistra. Non posso parlare di cattiva amministrazione, ma di delirio di onnipotenza sì: ha portato certi personaggi ad astrarsi dalla gente comune». Nel centro di Levico issata fra due finestre sventola una bandiera biancorossa con un «Tirol» campeggiante al centro. E in via Regia incontriamo Zeffirino Bassetti che per prima cosa ci ricorda che «mio nonno viveva nell’impero austro-ungarico, io sono italiano ma ho ancora la testa all’Austria». E il Trentino «è ormai una succursale dell’Italia». Non solo: «Poco meno di 540.000 abitanti, praticamente un sobborgo di Roma, dove si presentano 22 liste e oltre 700 candidati: non è possibile, questo crea confusione, un gran gazer e basta».
Pergine
Un pensiero condiviso anche da Carmelo, origini calabresi ma dialetto trentino più che fluente: «Non è possibile un tale numero di liste e candidati in un territorio come questo — dichiara a Pergine — ora si sta diffondendo l’onda populista, ma la gente trentina vuole serenità, questi eccessi disturbano. Rispetto alla normalità gestionale la gente è confusa». Lo incrociamo mentre si intrattiene con il signor Claudio e Denis Fontanari, direttore del teatro: «In un territorio in cui negli ultimi vent’anni è sempre stata considerata una sicurezza la vittoria di una coalizione che non esiste più e in cui si sente il riverbero del vento nazionale è ovvio si crei confusione — riflette — vedo ben poca sfida, inoltre, sui programmi, quanto piuttosto una campagna elettorale fatta di slogan nazionali cui si risponde con quelli di stampo locale». A scherzare con loro arriva anche il sindaco Roberto Oss Emer, grande sostenitore del polo civico fallito a un passo dalla meta. Anche Rita di Baselga di Pinè vede troppi candidati e addirittura auspicherebbe «un sistema come quello della Gran Bretagna, due partiti e finita la storia. Qua invece anche i bambini tra poco si candidano». Dal suo punto di vista «chi ha governato finora lo ha fatto bene — commenta — siamo una provincia autonoma ed è una fortuna, la nostra autonomia è diversa da quella siciliana, funziona e va difesa». E se la signora auspica che a chi ha retto le sorti del Trentino «non rompano troppo le scatole», il signor Paolo a Levico esprime senza mezzi termini «paura e preoccupazione nel vedere nove liste di centrodestra guidate dalla Lega, un partito che non rispetta le persone». Ha alle spalle una lunga esperienza politica, prima nella Dc, poi nel Partito popolare, nella Margherita e infine nel Pd, dunque ritiene che «in Trentino non ci sia bisogno del cambiamento che propongono la Lega e il centrodestra, anche se qualcosa da migliorare c’è». «La gente vuole credere che andrà in pensione prima o riceverà soldi senza fare nulla — aggiunge — e fa fede chi vota, questa è la democrazia». Poco distante i giovani Lorenzo e Giovanni esprimono «sfiducia verso la politica trentina e confusione, dettata dalla quantità di candidati e liste ma anche dalla campagna elettorale». Andranno a votare, anche se molto probabilmente sceglieranno dove mettere la croce solo nel momento in cui riceveranno la scheda. «Dai lupi a piazza Dante, molte cose vengono strumentalizzate — sostiene Giovanni — e non si capisce più chi sia di destra e chi di sinistra». C’è anche chi denuncia l’esasperazione dei toni e l’inasprimento del clima politico: «Se dici di votare a destra vieni odiato visceralmente da tutto il mondo di sinistra e viceversa — segnala Laura mentre attraversa di corsa la piazza di Pergine — quindi è meglio stare zitti e fare finta di niente». Anche Luisa, nei pressi del municipio perginese, vorrebbe defilarsi con un «sono stufa» ma poi si lascia andare: «La politica dovrebbe essere come una famiglia, in casa si deve stare bene tutti e compito dei politici è pensare di più ai propri cittadini, soprattutto con i loro stipendi. Se questa volta non cambia qualcosa, a votare non ci vado più».
Il giovane
Dai lupi a piazza Dante, tutto viene strumentalizzato e non si capisce più chi sia di destra e chi di sinistra