I figli di Minichino: stiamo aspettando le scuse
Troppo caldo, operaio morto Marangoni condannato
È stato condannato a sei mesi, pena sospesa, per omicidio colposo Giovanni Marangoni. Il patron della nota azienda produttrice di pneumatici era a processo per la morte di Carmine Minichino, l’operaio di 54 anni stroncato da un «colpo di calore». Il giudice Carlo Ancona ha invece assolto il medico Marco Fabbri e la spa, citata in giudizio come responsabile civile. La difesa annuncia appello. I figli dell’operaio: «Stiamo ancora aspettando le scuse della Marangoni».
TRENTO «La Marangoni è stata dipinta come un girone dantesco, una fucina, ma questa teoria non ha trovato conforto nella lettura del giudice, considerata l’entità della pena e l’assoluzione della società» spiega l’avvocato Andrea Tomasi. La condanna c’è e ha un suo peso, anche se i presupposti poche ore prima della sentenza, considerata la richiesta della Procura di due anni e sei mesi, erano ben altri. «Faremo appello — annuncia Tomasi— ma questa sentenza dimostra che non c’era quel deficit organizzativo dipinto e questo per noi è importante. È chiaro che siamo dispiaciuti per tutta questa vicenda». Anche da un punto di vista umano, perché al di là dei processi, c’è una storia dolorosa dietro alla terribile tragedia e due figli che hanno perso il loro padre.
La famiglia, forse, si aspettava una sentenza più dura. Ma il giudice Carlo Ancona ieri mattina al termine di un lungo dibattimento ha decretato una sola condanna: quella del patron della Marangoni, Giovanni Marangoni, condannato a sei mesi di reclusione, pena sospesa. L’imprenditore roveretano era accusato di omicidio colposo per la morte di Carmine Minichino, il dipendente della nota azienda produttrice di pneumatici, che si è spento a 54 anni, il 22 luglio 2015, a causa di un «colpo di calore» subito mentre lavorava ad una temperatura di circa 40 gradi. Il giudice ha invece assolto il medico Marco Fabbri, imputato in concorso con l’imprenditore, difeso dall’avvocato Roberto Bertuol, «per non aver commesso il fatto» e anche la spa, chiamata a giudizio per la responsabilità civile, per la violazione della legge 231 del 2001.
Ancora non si conoscono le motivazioni della decisione di Ancona, ma probabilmente il giudice ha accolto la tesi difensiva secondo la quale non c’erano i presupposti essenziali per la qualificazione della contestazione, ossia il vantaggio e l’interesse. In sintesi da parte dell’azienda ci può essere stata un’eventuale sottovalutazione del rischio, ma non sufficiente a configurare una responsabilità. La Marangoni non avrebbe adottato le misure per un risparmio e quindi per un vantaggio economico. Secondo la ricostruzione dell’accusa, sulla base di quanto evidenziato dall’ispettorato del lavoro, la Marangoni spa avrebbe dovuto creare una cabina areata di ristoro per i lavoratori, inoltre mancavano gli aspiratori per le polveri. Il costo totale di questi interventi era di 45.000 euro. Ma la difesa ha evidenziato che il secondo intervento nulla aveva a che fare con il calore e quindi eventualmente il nodo è la mancata realizzazione della cabina che ha un costo di 12.000 euro. Su un fatturato di milioni di euro, come quello della Marangoni, secondo l’avvocato de Bertolini, risparmiare quella spesa non avrebbe certo portato un vantaggio economico per l’azienda. È di diverso avviso il pm Fabrizio De Angelis che aveva chiesto la condanna della spa al pagamento di 240.000 euro, più 6 mesi di interdizione. Ora si dovrà capire quale ragionamento ha seguito il giudice.
Ancona infine ha condannato Giovanni Marangoni anche al pagamento del risarcimento danni ai due figli che, però, dovrà essere stato stabilito in sede civile. Mentre non ha liquidato nulla ai Cobas, che si erano costituiti parte civile attraverso l’avvocato Mauro De Pascalis e l’Amnil (Associazione nazionale lavoratori mutilati e invalidi) difesa dall’avvocato Paolo Mazzoni. Già nel corso dell’udienza preliminare l’azienda aveva offerto ai due figli dell’operaio 65.000 euro ciascuno e 10.000 euro ai due fratelli, ma solo come acconto per il risarcimento del danno. «Aspettiamo le motivazioni della sentenza — spiega l’avvocato della famiglia Giovanni Guarini — siamo soddisfatti per l’affermazione di responsabilità, ma i miei assistiti continuano a restare in attesa delle scuse da parte della Marangoni che stanno aspettando dal 22 luglio del 2015».