IL PROGETTO DELLA VALDASTICO E UNA DISCUSSIONE SENZA SBOCCHI
Ci risiamo. Si avvicinano le elezioni e inevitabilmente, come un’araba fenice, si appalesa l’ormai sempiterna e insopportabile questione «Valdastico». Leggo infatti l’intervista posta in essere nei giorni scorsi dal Corriere del Trentino all’onorevole Fugatti, nella quale lo stesso asseriva l’ assoluta «ineluttabilità» (scomodando peraltro la buonanima di Bruno Kessler) di uno sbocco della bretella autostradale in Valsugana.
Mi si perdoni, ma trattasi della stessa persona che nell’ultima campagna elettorale in occasione delle elezioni politiche dava per scontato una sua uscita nella zona industriale di Rovereto? Trattasi di pura e semplice omonimia o che altro?
A ciò si aggiungano le dichiarazioni dello stesso governatore Rossi che, nel corso di una recentissima intervista, facevano presagire un ancor ipotetico accordo con lo stesso Fugatti circa uno sbocco autostradale in quel di Caldonazzo e zone limitrofe. Più di recente invece assistiamo a una nuova presa di posizione del sottosegretario dal quale si evince che la uscita più ovvia della bretella debba individuarsi nella zona sud di Rovereto. Alla luce di quanto sopra forse varrebbe la pena che tali comportamenti, converrà con me, alquanto contraddittori, dovrebbero essere prontamente e puntualmente stigmatizzati da una classe giornalistica deputata in primis a far emergere qualsivoglia palese incongruenza ovunque si trovi e da chiunque provenga. Entrando infine nel merito circa l’utilità di una siffatta struttura viaria in Valsugana, non posso non apprezzare l’intervento posto in essere su questa pagina dal capogruppo Pd in Consiglio Provinciale Alessio Manica. Integrerei il suo intervento con l’evidenza (suffragata da specifiche ed innumerevoli fonti scientifiche) degli incalcolabili e irreversibili danni che ne deriverebbe per i residenti di valle per un aumento esponenziale di gas inquinanti quali monossidi di carbonio, polveri sottili, idrocarburi incombusti ecc. Da ultimo tralascio per carità di patria, il devastante impatto ambientale che ne conseguirebbe se solo si concretizzasse la soluzione Valsugana ipotizzata dal presidente Rossi, nefasta per l’intero territorio ed ecosistema della zona (piana di Caldonazzo e valle del Centa in primis) ancor oggi pressoché integro e scevro da qualsivoglia speculazione. Ma questa è un’altra storia che merita da sola una specifica puntata.
Caro Salemi,
Sul tema Valdastico ho sempre evitato le semplificazioni. Parto da un dato oggettivo: stiamo parlando di una infrastruttura la cui ideazione risale alla fine degli anni Sessanta. Un’opera che per quell’epoca aveva oggettivamente una sua ratio, il Trentino infatti si stava sviluppando e cercava nuovi sbocchi. Tutto rimase però sulla carta. Nel frattempo sono passati quasi cinquant’anni, anni nei quali il mondo è cambiato, e ci ritroviamo a discutere, seppur con i correttivi apportati al progetto, di Valdastico. Mi sono più volte chiesto — e appartengo a quella categoria che considera la costruzione di nuove strade una possibile soluzione a patto che ci siano condizioni e vere necessità — se un simile modello (quello della Valdastico) potesse essere ancora valido a distanza di moltissimi anni. Pur cercando di non lasciarmi influenzare dal tifo di parte e provando a leggere in controluce la situazione, oggi più che mai trovo tale soluzione poco idonea. Sarebbe stato interessante in questa campagna elettorale molto emozionale e didascalica, esplorare soluzioni alternative al semplice collegamento autostradale. Uno scatto in avanti, insomma, capace di osare. Non si tratta di paralizzare il Trentino, semplicemente di capire in quale direzione muoversi. È chiedere troppo a chi andrà a governare questa terra per i prossimi anni?