Una delle mission è l’educazione a diritti e parità
C’è la valigia dell’ostetrica che nel dopoguerra ha fatto nascere 3500 bambini e la calcolatrice che una segretaria ha usato ogni giorno per quarant’anni. Oggetti comuni, piccole storie individuali, ognuna speciale, che costruiscono la grande storia. E c’è anche l’evoluzione della contraccezione in Italia o degli assorbenti.
Al Museo delle Donne Frauenmuseum di Merano, il percorso è nella storia, nel ruolo e nell’immagine della donna, dal XIX secolo ad oggi. Ma non solo. Perchè la vera mission è l’educazione e la formazione di una cultura dei diritti e della parità. Il museo di Merano è uno dei tre musei dedicati alle donne che esistono in Italia (con Torre Pellice Torino e quello in Valsugana) e uno degli 88 al mondo e fa parte della rete internazionale dei musei delle donne, che ha sede proprio nella location di Merano, in un ex concento di Clarisse. Quest’anno la struttura festeggia i 30 anni dalla nascita e fervono gli eventi: tre mostre, incontri e convegni. Il 10 novembre (dalle 9 alle 19) il confronto sul tema: «Che cosa hanno a che fare le pari opportunità con la pace, la cultura, la democrazia?». E dal 9 novembre (fino al 30) la mostra «Cosa bolle in pentola», che sviscera com’è cambiata sia la cucina intesa come «focolare domestico», che lo stile alimentare e di vita delle famiglie. Chiude il 30 ottobre invece l’esposizione già in corso «Sulla Pelle», sul fenomeno globale del tatuaggio, lavoro fotografico di Paola Marcello, dai tatuaggi tribali, ai ritratti di donne tatuate oggi.
Sigrid Prader, instancabile direttrice del Museo delle Donne di Merano, è appena rientrata dal meeting internazionale di Instanbul, dove la rete dei musei delle donne di tutto il mondo si è confrontata