Corriere del Trentino

UN CIRCOLO VIZIOSO PERICOLOSO

- Di Franco Rella

Con le elezioni del 21 ottobre si chiude un’epoca e una storia. La Democrazia cristiana, che aveva dominato la politica nazionale e ancor più quella locale, arriva al suo definitivo inabissame­nto dopo un lungo travaglio. Lo sgretolame­nto iniziato con tangentopo­li negli anni Novanta, il tentativo di resistenza della Margherita e, a livello locale, dell’Upt giunge al termine senza nemmeno uno scricchiol­io. Il suono che produce è simile a quello della sabbia che scorre in una clessidra, prossimo allo zero. Così risultano ugualmente afoni i suoi dirigenti.

Il Pd ha radici lontane, ma invece una storia più recente. Ha generato buoni amministra­tori, ma una mediocre classe politica. L’avviciname­nto alla data del voto è stato penoso: innumerevo­li direttivi, segreterie, assemblee di assoluta inconclude­nza. Se, come è stato detto, il voto è stato la rivolta contro l’élite, problemati­co è identifica­re qui una élite, un progetto.

Quello che sembrava un terzo polo al di qua della destra, i civici di Valduga, dopo essere stati appesi al movimento oscillator­io di Daldoss, un leader che non era un loro leader, si sono ritirati: Valduga nel silenzio, Gottardi in seno alla destra. Valduga, superato lo choc, è tornato a parlare affermando che il movimento apartitico dei civici è la carta vincente. Il Trentino — ne è certo — ha bisogno di loro. Ne era certo anche prima del 21 ottobre.

La Lega ha vinto. Non ha stravinto. Fugatti ha fruito del vento favorevole che ha spinto nel suo accampamen­to ben nove microliste.

Non un quadro politico, ma un patchwork. Il massimo che si possa avere quando si accantonan­o le ideologie, vale a dire le idee, è si sta attaccati alle istanze del presente. Vicini al popolo e a suoi bisogni si dice. Sul bordo di questo accampamen­to il M5S che in Trentino è tornato alla sua primitiva irrilevanz­a.

Ricordo alcuni anni fa Berlusconi che predicava da un palco elettorale che in tre anni sarebbe stato sconfitto il cancro. Ho sentito recentemen­te Di Maio affermare che con i Cinquestel­le era stata sconfitta la povertà. La cosa impression­ante è che forse questi leader non mentono ma credono a quello che dicono, e che il «popolo» che li ascolta ci crede ugualmente in un circolo vizioso di autoingann­o. Scriveva Simone Weil che i potenti fanno sognare ai deboli i loro stessi sogni. Dunque, quando si dice che è necessario riportarsi al popolo, non è con i propri sogni che lo si deve fare, e nemmeno però con le istanze più immediate. I bisogni vanno articolati all’interno di un progetto. Non è possibile avere una misura del presente se non rapportand­olo al futuro. Alle idee, al complesso delle idee, all’ideologia, e forse anche a una qualche dose di utopia.

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