Il paese ci crede, strada riaperta: ancora 150 sfollati
«Abbiamo visto il pavimento inclinarsi e l’auto schizzare via Ci hanno fatto uscire dalle finestre»
TRENTO Solo per pochi minuti, ieri, i vigili del fuoco hanno interrotto il loro lavoro. Li si è visti entrare in chiesa a testa bassa, la divisa ancora sporca di fango. È un pugile al tappeto che raccoglie tutte le proprie forze per rialzarsi Dimaro. Un paese travolto che prova a tornare a una normalità ancora lontana.
Ieri pomeriggio tutto si è fermato per salutare Michela Ramponi, ma poi le ruspe e gli escavatori hanno ripreso a funzionare a pieno regime, al punto che nel tardo pomeriggio viene dato l’annuncio che attendono in tanti: la strada statale 42 che porta al passo del Tonale è aperta. A senso alternato a monte di Dimaro verso Commezzadura, con tempi di attesa di trenta minuti, ma la viabilità è ripristinata. Nella giornata di ieri un team di dieci ingegneri e architetti del nucleo tecnico della Protezione civile, tutti volontari, scheda speditiva alla mano ha valutato l’agibilità degli edifici all’interno della zona alluvionata: «Ci siamo divisi in cinque gruppi frazionando l’area interessata in altrettanti ambiti e abbiamo verificato gli stabili dal punto di vista strutturale insieme ai vigili del fuoco e agli abitanti» spiegano Ernesto Callegari e Lorenza Piffer. Verso le 12 una delle squadre è stata fatta evacuare per un possibile rischio di rilascio di materiale a monte, ma ha poi potuto riprendere l’ispezione due ore dopo. «Su una sessantina di edifici, almeno la metà non è utilizzabile, soprattutto nei pressi del campeggio — fanno sapere i due ingegneri — la nostra, a ogni modo, è una valutazione preliminare, torneremo per la stima dei danni». Fango, massi, tronchi, sassi e acqua che scorre ovunque: è questo lo scenario nella parte colpita di Dimaro, in molte case i detriti arrivano fino al primo piano. È il caso dell’abitazione di Eugenio Barbieri e Luisa Bergamini, originari di Modena ma con la residenza in val di Sole da vent’anni: in Emilia trascorrono solo i mesi invernali, avevano già i bagagli pronti per partire. Ma la loro destinazione, al momento, è l’hotel San Camillo, dove sono riuniti tutti gli sfollati, ancora 150: a loro esprime vicinanza anche l’arcivescovo Lauro Tisi, che dopo aver celebrato il funerale di Michela Ramponi è andato a trovarli. «Vi assicuro che intensificherò la mia preghiera perché presto possiate tornare a casa — dice nel corso della liturgia funebre — e affinché Dio ricompensi il grande sforzo di vigili del fuoco, croce rossa, soccorso alpino, volontari e tutti voi che state dando una prova bellissima di dignità e di umanità».
«La casa tremava tutta, per venti minuti è continuato un bombardamento di massi — raccontano i coniugi Barbieri, la loro abitazione a poca distanza da quella di Michela Ramponi — poi, dopo pochi minuti di calma, è ripresa la seconda ondata. Siamo al primo piano, abbiamo visto il pavimento inclinarsi, l’auto schizzare via a velocità spaventosa. Dopo due ore i soccorritori ci hanno fatto uscire dalle finestre». La porta d’ingresso era bloccata dal fango. La casa è stata sventrata dai detriti. Ora attendono di sbrigare alcune pratiche burocratiche, poi i figli verranno a prenderli. All’hotel San Camillo i bambini giocano, gli albergatori offrono caffè, thè caldo, cioccolatini. Diversi occhi sono lucidi. «Ma questa è gente di montagna — assicura una volontaria della croce rossa — ce la faranno tutti».