Corriere del Trentino

«Boschi, danni apocalitti­ci Nessuna colpa dell’uomo»

Parla l’esperto Un fatto simile successe in Siberia nel 1908

- Senette

BOLZANO «Nel 1908 in Siberia un meteorite ha generato un’onda d’urto che ha steso a terra chilometri quadrati di foresta. Le immagini del Tunguska sembrano quelle del Triveneto dopo il 30 ottobre: come se un rullo compressor­e o un gigantesco torrente avessero raso al suolo le nostre foreste di conifere». Rendono atrocement­e l’idea le parole del professor Raffaele Cavalli, direttore del dipartimen­to Territorio e sistemi agroforest­ali dell’università di Padova.

Professore, come descrivere­bbe i danni?

«Usando un solo aggettivo? Apocalitti­ci. Le superfici sono molto vaste, anche se non contigue. Nella mia provincia, Vicenza, c’è una valle che è stata percorsa per sette chilometri dal vento; quindi per sette chilometri ci sono solo alberi abbattuti».

Era già capitato?

«È un evento eccezional­e. L’Europa del nord e centrale è percorsa con una certa frequenza da uragani che dall’Atlantico si spostano verso oriente. Situazioni e immagini a cui sono abituato, ma non le avevo mai viste in Italia. Finora siamo stati protetti dalle Alpi; questa volta, invece, il vento è venuto da sud, dall’Adriatico, e non avendo barriere ha fatto disastri».

È qualcosa a cui dovremo abituarci?

«Non posso dirlo con certezza. Certamente il rischio che accada di nuovo è elevato».

Per via del meteo, per la natura del territorio o per le condizioni dei boschi?

«È una questione meteorolog­ica. Le raffiche di vento hanno toccato i 130 chilometri all’ora. L’albero in sé non è la causa principale, è il vento unito alla pioggia che ha creato un fronte compatto con questa forza tremenda».

Parliamo di alberi sani o di piante malate e vecchie?

«Alberi sanissimi».

Non ci sono colpe dell’uomo? Il terreno non era depauperat­o o deforestat­o?

«No, anzi! L’uomo è sempre stato un attore consapevol­e nella gestione dei boschi. È stata l’eccezional­ità dell’evento. A 120 chilometri all’ora si rovescia un’automobile».

Non si può fare nulla per prevenire?

«Bisogna

assicurare una maggiore variabilit­à specifica. Le foreste alpine sono dominate dall’abete rosso, l’albero di natale. Quelle miste con larici, faggi, abeti sono più plastiche, più adatte a fronteggia­re questi eventi. Ma sono indirizzi per il futuro».

Che tempistich­e potrebbe avere l’intervento?

«Togliere il materiale e risistemar­e i versanti sgomberati richiederà non meno di quattro anni. Poi andranno piantati i nuovi alberi».

Saranno piante giovani o esemplari già adulti?

«Dipende dai luoghi, dalle caratteris­tiche climatiche e del terreno e dall’altitudine che fa da regolatric­e per le diverse specie. In alcuni casi si potrà provvedere al piantament­o di nuovi alberi, in altri si sfrutterà la capacità rigenerati­va delle piante circostant­i che depongono il seme. Un intervento coordinato tra uomo e natura».

È verosimile la stima riportata ieri sul Corriere della Sera da Isabella Bossi Fedrigotti, che parlava di un milione di metri cubi di foresta abbattuti in Triveneto?

«Verosimile. Quando dico “evento apocalitti­co” vuol dire che i numeri perdono di significat­o, ma dev’essere fatta una stima oggettiva con immagini satellitar­i e sistemi di monitoragg­io e telerileva­mento».

E poi come si dovrà intervenir­e?

«Mettendo in atto gli interventi operativi. Lei non immagina quante persone e mezzi ci vorranno per portare giù dai monti il legname abbattuto. Occorre mettere in atto la logistica di trasporto e conservazi­one del materiale».

Intende stoccaggio?

«Il mercato risente del rapporto offerta-domanda. In questo momento la domanda è abbastanza elevata a livello internazio­nale, ma se offriamo quantità enormi è chiaro che il prezzo si abbatte».

Di chi è questo legname?

«La gran parte dei boschi, circa il 60%, è di proprietà pubblica, dei Comuni e delle comunità montane, il resto è privato. Quindi anche il 60% dei danni è pubblico: i Comuni hanno perso il loro capitale futuro. Prima di riuscire a riguadagna­re la stessa quantità passeranno almeno cento anni».

La neve comporta un rischio in queste aree già ferite?

«Non per le valanghe. I danni hanno interessat­o vallate basse, rimane una certa protezione del bosco. Il problema della neve, invece, è che bloccherà i lavori di rimozione del materiale».

Chi sono i soggetti in prima linea per la pianificaz­ione degli interventi?

«La Regione Veneto e le due Province autonome dovranno farsi carico di questa regia mettendo insieme le risorse. È come una specie di guerra, dobbiamo unire le forze e marciare in ordine».

E c’è questa consapevol­ezza?

«Lo spero. Ora sono tutti concentrat­i sull’emergenza legata alla viabilità e alle persone ed è giusto che sia così. Ma non deve diventare un alibi per dimenticar­e che ci sono altri problemi che comunque influenzan­o la società, non solo l’ambiente o la bellezza delle nostre valli».

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 ??  ?? Le raffiche di vento hanno toccato i 130 chilometri l’ora. Gli alberi sono stati abbattuti dal forte vento e dalla pioggia che ha creato un fronte compatto
Le raffiche di vento hanno toccato i 130 chilometri l’ora. Gli alberi sono stati abbattuti dal forte vento e dalla pioggia che ha creato un fronte compatto

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