Ferraro: «Il vino va raccontato con meno tecnicismi possibile»
Il curatore de «I migliori 100 vini» oggi a Trento insieme al sommelier Gardini
TRENTO «Il mondo del vino è un grande romanzo pieno di personaggi straordinari e noi possiamo utilizzare la forza narrativa delle loro vite per raccontare in modo meno specialistico possibile anche i loro vini. Questo riguarda sia la carta sia il web. Se ci limitassimo semplicemente alla descrizione della bottiglia avremmo un pubblico lettori molto più ristretto». A parlare è Luciano Ferraro, una delle firme più influenti del vino italiano, capo redattore del Corriere della Sera e giudice dei Best Italian Wine Awards che premiano ogni anno i 50 migliori vini d’Italia, nonché autore per il Corriere della guida I migliori 100 vini e vignaioli d’Italia assieme al sommelier campione del mondo Luca Gardini. Ferraro sarà oggi in Trentino grazie all’Associazione Vignaioli del Vino Santo, e in particolare interverrà al seminario «Il racconto del vino. Comunicazione, vino e territorio: dalla carta al web», in programma alle 17 a Palazzo Roccabruna a Trento. L’incontro è inserito all’interno della giornata dedicata al Rebòro, vino rosso che nasce da un progetto collettivo dei Vignaioli della Valle dei Laghi.
Ferraro, come deve essere la comunicazione del vino oggi?
«Deve essere meno specialistica possibile, togliersi di dosso i bizantinismi e il linguaggio professionale, perché altrimenti ci si rivolge solo agli specialisti. La comunicazione del vino deve essere tesa a conquistare più pubblico possibile. Questo lavoro il Corriere della Sera lo sta facendo da tempo, utilizzando tutti gli strumenti della narrazione per raccontare il mondo del vino attraverso le persone, sia sulla carta sia sul digitale. Lo sforzo che abbiamo fatto e stiamo facendo sul web è quello di cercare di mettere la stessa professionalità che tradizionalmente il Corriere mette nella carta, anche sulla rete: il nostro giornale ha una lunghissima tradizione di scrittori del vino, da Veronelli, che fino alla sua scomparsa aveva una rubrica sulle nostre pagine, a grandi firme della letteratura, come Moravia o Soldati, che hanno scritto di vino ognuno con il suo stile».
Se lo storytelling è il must della comunicazione enologica, il racconto del vino può passare ancora attraverso le classifiche e le guide?
«Le guide sono comunque uno strumento di consultazione, di indicazione al lettore che ha bisogno, a mio avviso, di elementi di riferimento. In Italia ci sono dei grandi palati che possono giudicare un vino, come Luca Gardini ad esempio, con cui firmo I migliori 100 vini e vignaioli d’Italia, una guida che è divisa in due: una parte è più narrativa, l’altra più riservata ai voti. Forse sarebbe meglio che ci fossero un po’ meno guide sul mercato, e sicuramente la loro importanza non è quello di un tempo, ma ritengo che rivestano ancora un ruolo importante per il settore».
Pregi e, se ce ne sono, difetti della comunicazione del vino trentino e altoatesino?
«In Trentino ci sono delle eccellenze a livello italiano della comunicazione del vino, Ferrari è una di queste, basti pensare al lancio del Giulio Ferrari Rosé, che è stato fatto con un evento di altissimo livello sia dal punto di vista scenografico sia per quanto riguarda i contenuti, perfettamente bilanciato tra carattere montanaro ed eleganza internazionale. Un esempio da seguire, in linea con quello che sta facendo anche il Trentodoc. L’Alto Adige è diverso, è una realtà con tante piccole cantine più attive sulla comunicazione, seppur non seguano una linea compatta. Basti pensare a quello che ha fatto la cantina di Tramin, prima d’Italia a conquistare i 100 punti di Robert Parker con il vino Epokale. Si tratta di un Gewürztraminer che viene portato a 2000 metri di altitudine per lasciarlo maturare al buio per sette anni nella miniera di Ridanna Monteneve: Tramin è riuscita a comunicare tutto questo in modo direi perfetto».
C’è qualcosa che si può migliorare nella comunicazione della produzione vitivinicola del Trentino Alto Adige?
«Bisogna trovare strategie e azioni comuni tra produttori e consorzi di Trento e Bolzano e cercare nuovi format in grado di allargare la platea dei possibili consumatori».
Il consiglio Trento e Bolzano dovrebbero trovare strategie e azioni comuni tra produttori e consorzi