Alberi, ci vorrà un anno e mezzo per smaltirli
Distrutti 7.000 ettari di boschi. Saranno rimossi per evitare parassiti e venduti sul mercato
TRENTO Due milioni di metri cubi di alberi schiantati, quattro volte il prelievo provinciale annuo, circa 7.000 ettari di bosco perduto: Maurizio Fugatti non ha dubbi, «una volta risolta l’emergenza, nel breve e medio periodo la ricostruzione del patrimonio forestale sarà il fronte che più ci terrà impegnati». L’obiettivo, afferma Romano Masè, dirigente del Servizio foreste e fauna della Provincia, è «fare presto»: «Rimuovere il legname nel più breve tempo possibile, anche per valorizzarlo al meglio sul mercato». Ci vorrà, tuttavia, almeno un anno e mezzo.
Fiemme, Fassa, pinetano, bassa Valsugana e Primiero: ha questo perimetro la mappa del disastro che costringerà ad abituarsi a un paesaggio differente da quello conosciuto finora. «E che obbligherà, molto probabilmente, anche a mettere in campo azioni mirate per la prevenzione di rischi futuri» ammette Masè. Valanghe, frane, crolli: la funzione protettiva garantita dai boschi su buona parte del territorio è nota. Fare in fretta si diceva: è già stata attivata una task force di cui fanno parte il consorzio dei Comuni, le Asuc, i proprietari pubblici e privati, le imprese di utilizzazione e prima trasformazione e l’ordine degli agronomi e forestali per strutturare un vero e proprio piano d’azione. L’obiettivo, spiega Masè, «è arrivare almeno alla copertura dei costi: stimiamo che il 50% del volume complessivo abbattuto sia utilizzabile a fine commerciale come legname da opera — illustra — tutto il resto cercheremo di valorizzarlo come legna da ardere e cippato. La ricostruzione del suolo forestale richiederà dai 60 agli 80 anni».
La collocazione sul mercato a valori che siano in grado almeno di coprire i costi di raccolta e produzione è un problema che si pone. «La capacità di assorbimento ordinaria di volumi da parte della filiera trentina, che conta oggi circa 200 imprese di utilizzazione, oscilla fra gli 800.000 e il milione di metri cubi — chiosa Masè — da qui l’ambizione di riuscire a gestire l’emergenza in un anno e mezzo». Anche perché lasciare del legname distribuito sul territorio determina il concreto rischio di attacchi parassitari sul soprasuolo rimasto incolume.
Pare non sia necessario, comunque, un aumento degli uomini in forza alla forestale: «Il 70% dei boschi trentini è di proprietà pubblica — conclude il dirigente — in capo a Comuni, Asuc e proprietà collettive come la Magnifica comunità: daremo loro supporto ma riteniamo che il sistema possa riuscire a gestire l’emergenza».
Al vaglio c’è anche l’ipotesi di una raccolta fondi.