Vittoria firmata Lega, ora ricostruiamo il centrodestra
Trascorse due settimane dal voto una breve riflessione. La Lega ha vinto e ha incoronato presidente della Provincia Maurizio Fugatti. Ha sbaragliato gli avversari andando anche oltre le previsioni (tredici consiglieri più il presidente) e dimostrando di essere un partito radicato sul territorio, capace di mobilitazione e attrazione, un partito organizzato e serio. Il Corriere della Sera, parlando di Fugatti, lo ha definito un politico «dai modi felpati...che pare un dc». Forse anche per questo è riuscito a intercettare una buona fetta dell’elettorale trentino moderato e — secondo me — anche parecchi voti della sinistra popolare e operaia.
Con la Lega — hanno scritto i giornali — ha vinto anche il centrodestra. Ma è proprio vero? Guardiamo i dati: se non ci fossero state le liste cosiddette territoriali Fugatti con Forza Italia e Fratelli d’Italia sarebbe andato di poco sopra il 30 per cento. I numeri sono numeri e i voti pure: dei tre partiti che abitualmente vengono definiti di centrodestra la Lega ha avuto il 27,1 per cento, Forza Italia il 2,8, Fratelli d’Italia un misero 1,4 per cento. Aggiungiamoci — con uno sforzo di generosità — il redivivo Udc che è andato attorno al 2 per cento.
Ecco perché forse il centrodestra in Trentino non c’è più. C’è la Lega, punto e basta. Poi ci sono le liste territoriali, che hanno appoggiato Fugatti e che rappresentano il vero fenomeno trentino tutto da studiare. A parte la lista della valle di Fassa, più legata a fattori etnici che non politici, Fugatti si è visto appoggiare dalla Civica di Rodolfo Borga, da Progetto Trentino, da Agire di Claudio Cia e dagli Autonomisti popolari di Kaswalder, che assieme fanno quasi un 14 per cento, cifra che ha permesso allo stesso Fugatti di schizzare oltre il 40 cento. Ma queste quattro liste si possono considerare di centrodestra oppure sono da considerarsi «di passaggio» nel centrodestra? Verrebbe da dire: ai posteri l’ardua sentenza.
Facciamo un minimo di analisi di tali liste. La Civica vede eletti due personaggi sicuramente provenienti dalla destra: Borga era di Forza Italia e Mattia Gottardi di Alleanza nazionale. Tuttavia, prima di aderire al centrodestra questa lista è stata molto combattuta tra una posizione di centro e un possibile nuovo polo, parimente interpretato da Carlo Daldoss e da Geremia Gios. Quindi qual è il Dna vero di questa formazione che, forse, avrebbe potuto fare un risultato maggiore se fosse stata meno ondivaga?
Poi c’è Progetto Trentino, che nelle precedenti elezioni, era in una posizione di centro, sicuramente sganciato da Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia. In questo passaggio ha aderito al centrodestra e ha portato alle elezioni un ex consiglieri dell’Upt, l’ottimo Mario Tonina. L’Upt, per chi non lo ricordasse, faceva parte del centrosinistra autonomista. Quindi gli Autonomisti popolari di Walter Kaswalder, un punto di riferimento affidabile dell’area autonomista. Da quanto si è letto sicuramente Kaswalder ha un imprinting radicato nella tradizione popolare e conservatrice del Trentino ma imbrigliarlo nel centrodestra classico sic et simpliciter ci sembra un po’ azzardato. La stessa cosa vale per il battagliero Claudio Cia.
Una considerazione su quelli che erano i due pilastri del centrodestra. Forza Italia, di biancofiore vestita, tracolla e ne salva l’onore solo Giorgio Leonardi, cinque anni fa boicottato dalla stessa onorevole Biancofiore. Di Fratelli d’Italia del senatore Bertoldi non c’è storia. Sembrano due partiti destinati a scomparire a meno che non cambino pelle e dirigenza.
Una simile chiacchierata per dire che cosa? Per dire che per fortuna c’è la Lega ma che tutto il resto del centrodestra è da ripensare e ricostruire. E qui il testimone passa innanzitutto — secondo me — alle quattro liste territoriali sopra citate, che forse meglio di altre sono collegate con la gente e interpretano anche un certo popolarismo trentino. Che cosa faranno in futuro? In un quadro politico complesso come quello nazionale, con l’autonomia che si deve difendere innanzitutto a Roma, non è sufficiente radicarsi sul territorio ma è necessario avere una dimensione e/o comunque un collegamento con forze e partiti nazionali. Questa è la prima sfida ma anche la grande opportunità che si apre per queste forze, purché abbiano il coraggio di uscire dalla figura del partito ad personam assumendo una connotazione politica e culturale più ampia.
Ci vuole un processo di aggregazione che porti tali forze fuori dalla sola, peraltro importante, logica territoriale. Se questi partiti — che la stampa trentina chiama cespugli — sapranno percorrere questa strada potrebbero avere in un domani un ruolo determinante per gli equilibri politici del Trentino, magari esprimendo un nuovo soggetto politico capace di interagire anche sulla scena nazionale.