L’altra Mara Cagol
L’amicizia tra l’ex sindaco di Vicenza Hüllweck e la brigatista rossa trentina. Ricordi e rimpianti
«Margherita, dolce e timida Allora ero io il rivoluzionario»
Nelle sue nostalgie resta solo Margherita. Accanto ad un bacio sfiorato, alle passeggiate sotto Santa Corona. E prima delle lacrime, delle lettere consegnate ai carabinieri. In ogni pensiero e ricordo, bello o brutto, c’è sempre e solo Margherita. Guai a parlare di Mara, ad Enrico Hullweck, ex sindaco di Vicenza. La sua amicizia giovanile e culturale con la (futura brigatista) Cagol è tutta un’altra storia. Una piccola storia di poesia, accanto alla «grande» storia delle cronache terroristiche degli anni Settanta.
Perché la infastidisce chiamarla Mara?
«Mi sembra di diminuirne l’immagine. Lei per me rimane solo Margherita , “la mia Margherita”: questo era il nome che portava quando era ancora giovanissima e la sua figura umana era piena soltanto di amore, di umanità, di dolcezza, di carità e di gentilezza. La sua storia successiva, quella di Mara, non entra nel mio cuore».
Che ragazza era ai tempi del liceo?
«Molto timida ed educata: sorrido ancora oggi nel ricordare il giorno in cui aprii una busta color verde chiaro proveniente da Trento, contenente una lettera inviatami da lei e che cominciava così : “Gentil Presidente, come vede confermo la mia promessa di venire nella Sua città a suonare la chitarra nello spettacolo da Lei organizzato”. Sorrido perché, oltre al piacere di poter avere Margherita come musicista in un mio spettacolo, mi divertiva la sua paura di darmi del “tu”».
Come vi siete conosciuti?
«Eravamo due ragazzini, appena diciassettenni, ma lei per tanto tempo non riuscì a darmi del tu perché mi considerava importante. Questa importanza era legata, secondo lei, al fatto che io, giovanissimo studente liceale, avevo fondato nel 1962 il primo vero club studentesco vicentino, chiamato Adlers’s club, al quale avevano aderito centinaia di studenti delle superiori, di ogni ceto e pensiero politico. Questo club aveva anche un giornale, “El Cid”, che io dirigevo insieme ad altri amici, tra i quali l’ex vice ministro Laura Fincato.
Torniamo a Margherita…
«L’amicizia nacque proprio grazie al mio club. Mi avevano detto che a Trento esisteva una scuola, l’istituto Tambosi,dove gli studenti avevano le nostre stesse effervescenze. Fu naturale un gemellaggio. I trentini seppero che il mio club organizzava ogni anno a Vicenza, nell’Auditorium Canneti, uno spettacolo giovanile di musica e di recitazione, chiamato “Dilettantissimo”: mi suggerirono di inserire nel programma una giovane studentessa, descritta come meravigliosa nel saper suonare la chitarra. E io chiesi il suo indirizzo di Trento. Andai a trovarla».
Lì che successe?
«Suonai il campanello, la sensazione di quei momenti si stampò in maniera indelebile nei miei pensieri e nelle mie emozioni. Sullo sfondo di un salotto semplice ma elegante, impreziosito dal profumo di una casa pulita e ordinata, vidi per la prima volta Margherita. Dolcissima, magrolina e graziosa, una bellezza «acqua e sapone». Le sue labbra forti e decise colpivano la mia fantasia, mentre il suo sguardo tradiva, invece, la preoccupazione di non riuscire a farsi capire o di aver commesso qualche errore.
Un futuro sindaco, una futura brigatista.
«Per ironia della sorte, a quei tempi, fra noi due risultavo io il più rivoluzionario, mentre lei appariva come una figura tenera,delicata e morigerata. Parlandomi mi fece capire che era molto religiosa: la sua cattolicissima fede non si limitava a farla pregare nelle chiese, ma la spingeva a una forma di solidarietà umana verso i poveri e gli ammalati. Questo suo animo sensibile verso il prossimo e verso la povera gente, mi apparve ancor più luminoso quando, ascoltando la mia richiesta di prender parte allo show, volle farmi sentire la sua chitarra e chiedermi se la consideravo all’altezza della proposta. Fece
scivolare le sue dita sulle corde musicali: lì provai una sensazione impagabile. Il suo suonare era stupendo, perfetto e accattivante. “Questo brano si chiama “musica proibita”, evidentemente ci sono anche cose belle fra le cose proibite”, mi disse»
A Margherita piaceva Vicenza?
«La città la affascinò. Ci venne più volte per programmare la sua esibizione musicale. Più che l’arte palladiana, a emozionarla erano le chiese vicentine, da Santa Corona a Monte Berico. “Vicenza è una città molto religiosa”, mi disse una volta e aggiunse: “Per questo voglio ancora più bene a voi vicentini”».
Come andò il concerto?
«Quella sera mi esibii anch’io. E dietro alle quinte, Margherita mi si avvicinò e dandomi per la prima volta del tu, mi disse: “Sei stato fantastico. Non pensavo che tu fossi così bravo e avevi una voce intonata e bellissima”. Rimasi un po’ confuso. L’esibizione di Margherita incantò tutti, si fece ascoltare con una grazia e con un talento rari. Dopo lo spettacolo, i suoi occhi luccicavano ed erano pieni di gioia e io sentivo di volerle veramente bene».
Come finì la serata?
«Mentre ci incamminavamo verso la macchina, mi chiese se a Vicenza c’erano molti poveri e se riuscivamo ad aiutarli. Appiccicato su un muro di Corso Palladio c’era un manifesto che annunciava il “Dilettantissimo” dove ci eravamo esibiti. Mi chiese se poteva portarlo a casa, poi ci salutammo. Io rimasi a guardarla e lei, dopo pochi passi, mi mandò un bacio da lontano. Mi guardò sorridendo dolcemente, fissandomi a lungo. Era felice. Non la vidi più. venni tormentato dalle successive cronache e piansi tantissimo alla notizia della sua morte»
«Avevo un bel pallone rosso» è tornato a teatro.
«È una stretta al cuore vederlo. I ricordi disturbano la mia attenzione, con la quale cerco di capire se quel personaggio rappresentato sul palco sia quella Margherita che io mi porto dentro al cuore come era allora: bella e fragile come un uccellino. In un’epoca nella quale il più rivoluzionario ero io».