L’AULA PUÒ DARE DI PIÙ
Mentre a Trento e Bolzano i presidenti delle Province autonome cercano di comporre il mosaico delle rispettive giunte, con difficoltà diverse ma in entrambi i casi con più tessere a disposizione rispetto ai posti da riempire, gli aspiranti a uno scranno sgomitano. Lo fanno non solo per ambizione e per una più o meno sana brama di potere, ma anche perché convinti che altrimenti sarebbero condannati a cinque anni di irrilevanza. In nome dell’efficienza di governo, infatti, l’azione dell’esecutivo si è estesa sempre più, al punto che di fatto ha assorbito quasi totalmente anche la funzione legislativa. I consiglieri, così, si sentono ridotti a parti in commedia, chiamati ad alzare la manina quando richiesto, senza concrete possibilità non solo di veder approvato un proprio disegno di legge, ma perfino di riuscire a modificare quelli portati nell’Aula dal governatore o dagli assessori. D’altronde questo è precisamente il quadro che recentemente ha dipinto pubblicamente un «ex», confessando la frustrazione, il senso di inutilità del suo impegno nonostante appartenesse a un partito della coalizione di maggioranza. E rivelando come le alternative scelte da alcuni suoi colleghi siano altrettanto prive di costrutto (nel caso si tratti di produrre interrogazioni e mozioni a raffica), oppure fuorvianti rispetto al mandato ricevuto (quando si traducono in un’attività di «patronato» a servizio degli elettori, per quanto ciò possa pagare in termini di consenso).
Ma il quadro è davvero così deprimente? Non del tutto. Certo, per chi crede che la politica si riduca a una serie di tweet e rifugge dalla fatica di studiare, elaborare, portare avanti con pazienza le proprie proposte, il ruolo di consigliere è avaro di soddisfazioni. Guardando indietro, tuttavia, vediamo come chi stava all’opposizione abbia svolto una preziosa opera di controllo dell’amministrazione, che talvolta ha fatto cambiare le decisioni di governo o ha addirittura fornito alla magistratura elementi per avviare delle indagini. E chi ha lavorato sodo pur non avendo un assessorato è riuscito a farsi approvare diversi disegni di legge: in Trentino, ad esempio, Michele Nardelli, eletto per il Pd nel 2008, è stato il primo firmatario di norme importanti, tra cui quelle sulle filiere corte e l’educazione alimentare, sull’obbligatorietà della bonifica dall’amianto, sull’apprendimento permanente e altre ancora. Si dirà: i tempi sono cambiati. È vero solo parzialmente: è indubitabile che oggi sia più difficile ottenere qualche risultato stando fuori dalla stanza dei bottoni, però qualcosa si può ancora portare a casa purché si scavi con serietà e non ci si limiti a navigare in superficie. Prendiamo lo strumento delle interrogazioni: se è svalutato, lo si deve soprattutto al cattivo utilizzo fatto negli ultimi anni. Quando ho iniziato a fare il cronista, sul finire degli anni Settanta, ricordo che le spulciavamo attentamente, perché spesso trovavamo notizie interessanti. Oggi sarebbe tempo perso: ribaltando la logica, molte interrogazioni ormai riassumono gli articoli dei giornali domandando al presidente della giunta «se sia a conoscenza che» e cosa intenda fare a riguardo. Molte altre, invece, chiedono conferma di voci incontrollate, quando non di autentiche maldicenze che pertanto trovano un’insperata cassa di risonanza. Non è in tal modo, ovviamente, che si può lasciare il segno. Se, tuttavia, chi non sarà assessore riuscirà comunque a guardare agli interessi della comunità prima che ai propri e avrà spirito di sacrificio, allora i prossimi cinque anni non saranno spesi invano.