Ateneo, appalti sotto tiro Sigilli ai beni di Maffei
Sigilli a case e terreni per 323.670 euro. La difesa: «Tecnici oberati, nessun illecito»
Sequestro dei beni e conti correnti per un totale di 323.670 euro per l’ex dirigente della Direzione patrimonio appalti dell’università, Rinaldo Maffei. Lo ha disposto la Corte dei conti. Nel mirino la ristrutturazione della nuova sede rettorale (nella foto) e amministrativa dell’ateneo a Trento.
TRENTO «Indire una gara d’appalto è molto più oneroso». L’ex presidente dell’ateneo trentino Vincenzo Cipolletta aveva difeso l’operato dell’università all’indomani del terremoto giudiziario che aveva messo nei guai diciassette persone,tra cui cinque docenti. Ma se il fronte penale sta seguendo la sua strada, c’è un filone contabile che sta scatenando una nuova bufera giudiziaria. Il «magma», ossia le vicende contestate, sono più o meno le stesse, ma i tempi sono differenti.
La Corte dei conti accelera e dopo l’invito a dedurre notificato a luglio all’ex dirigente della Direzione patrimonio appalti dell’università, Rinaldo Maffei, e alla sua più stretta collaboratrice, nonché responsabile della segreteria, Lucilla Giuri, per i lavori relativi alla ristrutturazione della Direzione patrimonio immobiliare appalti di via Rosmini (il danno contabile stimato superava i 140.000 euro), nei giorni scorsi è stato notificato un secondo invito a dedurre. Nel mirino, in questo caso, è finita la ristrutturazione della nuova sede rettorale e amministrativa dell’ateneo, «Palazzo Sardagna» a Trento. Nell’atto, 98 pagine fitte dove vengono ricostruiti spese e affidamenti diretti, il procuratore regionale Marcovalerio Pozzato stigmatizza l’operato di Maffei e della sua collaboratrice e parla di «una precisa volontà di favorire illecitamente alcune imprese». La Procura contabile stima un danno complessivo di 134.067 euro e chiede 128.147 euro a Maffei e 5.920 a Giuri.
Ma non è finita qui. La vera tegola per Maffei è il sequestro dei beni. Mentre il procuratore regionale firmava un nuovo invito a dedurre è scattato il sequestro preventivo dei beni immobili, campi, terreni e conti correnti dell’ex dirigente, nonché ex sindaco di Nomi. Il giudice Grazia Bacchi, che ha condiviso le motivazioni alla base all’instanza della Procura, ha solo negato il sequestro dei soldi guadagnati da Maffei come sindaco. La contestazione della magistratura riguarda il frazionamento degli appalti e le decisioni di Maffei di procedere con affidamenti e incarichi esterni. Un modus operandi che, secondo l’accusa, avrebbe danneggiato l’Ateneo. Sono tre le ordinanze firmate dal giudice contabile per un sequestro complessivo di beni e conti correnti per 323.670 euro. La guardia di finanza che ha condotto le indagini ha messo i sigilli sulla casa a Trento di Maffei, quella a Cinte Tesino, una parte degli uffici e della casa rurale, sempre a Cinte. Sono stati sequestrati anche i pascoli, la vigna a Nomi, boschi e terreni in Valsugana e nella zona di Pomarolo.
Il procuratore Pozzato nella richiesta di sequestro parla di «artificioso frazionamento dell’appalto relativo alla ristrutturazione della nuova ese della Direzione Patrimonio immobiliare dell’università di via Rosmini», ma contesta anche «l’illegittimo» conferimento di incarichi esterni a professionisti. Secondo la Procura nell’amministrazione c’erano tecnici qualificati che erano perfettamente in grado di svolgere gli incarichi. Tutto questo avrebbe causato un danno all’Ateneo, costretto a sostenere un costo maggiore rispetto a quanto avrebbe pagato se avesse proceduto con un appalto unitario. Secondo l’accusa Maffei avrebbe deciso in modo arbitrario come procedere, inoltre stando alla ri- costruzione fatta del Nucleo di polizia economica della Finanza anche gli incarichi esterni potevano essere evitati. C’erano risorse interne adeguate, ma i tecnici non sarebbero mai stati interpellati. La Procura ipotizza un danno di 140.115 euro, la stessa somma sequestrata. Ma la difesa, sostenuta dagli avvocati Luisella Speccher Speri e Sonia Speri, mette in dubbio l’esistenza del danno e contesta anche la quantificazione fatta sulla base di una consulenza. Inoltre evidenzia «l’insussistenza delle condotte illecite» in quanto sarebbero «gratuite e non provate». Per quanto riguarda gli incarichi esterni, inoltre, per Maffei sarebbe stata una scelta obbligata, visto che i tecnici interni erano oberati di lavoro.
Lo stesso ragionamento viene fatto per le altre due ordinanze. Al centro ci sono altri appalti per i quali Maffei avrebbe scelto il sistema dello «spezzatino». In particolare viene contestata la ristrutturazione della nuova sede rettoriale, presso «Palazzo Sardagna», che avrebbe causato un danno di 128.147 euro (secondo la Procura la procedura di frazionamento non era giustificata da situazioni di emergenza e sicurezza), infine l’ultima ordinanza di sequestro riguarda l’appalto relativo al riadattamento a sala di lettura e spazi espositivi dell’ex segreteria studenti di via Inama. In questo caso viene stimato un danno di 55.408 euro. La vicenda è delicata e complessa e la difese, è certo, darà battaglia. Ma Maffei dovrà fare i conti anche con la giustizia ordinaria. Dopo la chiusura delle indagini a breve potrebbe scattare la richiesta di rinvio a giudizio.
L’accusa Precisa volontà del dirigente di favorire alcune imprese
Nel mirino Contestati i lavori per la nuova sede del rettorato e della Direzione Patrimonio