Decreto dignità, aziende-sindacati ecco l’asse del no
Confindustria e sindacati concordi: le assunzioni a termine saranno sostituite dagli «staff leasing» Indeterminato senza posto fisso. Busato: «Aspettative negative». Cagol: «Temiamo il 2019»
TRENTO Un decreto ideato con l’obiettivo di sostenere il lavoro che non piace né ai lavoratori né alle aziende. Il decreto dignità del governo Conte, fortemente voluto e portato avanti dal vicepremier Di Maio, ha concluso la fase di applicazione transitoria e dal 1 novembre tutte le nuove assunzioni, le proroghe e i rinnovi di contratti a termine sono soggetti alla nuove disposizioni. A dieci giorni dalla sua entrata in vigore, in provincia di Trento si registra il disappunto di Confindustria e la preoccupazione dei sindacati. Per Roberto Busato, direttore di Confindustria Trento, «il quadro normativo è incerto», le aspettative «sono negative.
Non a caso, giovedì a Palazzo Stella una sessantina di dirigenti del personale hanno partecipato al seminario sul tema organizzato dall’associazione. La legge pone il tetto massimo del 30% ai contratti «flessibili», a tempo determinato e a somministrazione, equiparando gli ex interinali, ora lavoratori per agenzie, ai dipendenti diretti dell’azienda con contratti a termine. Inoltre, viene reintrodotto il principio della causale per giustificare le assunzioni a tempo.
Una stretta che, secondo le parti sociali, rischia di portare a una pericolosa polarizzazione: i profili professionali più forti e difficili da formare verranno probabilmente strutturati, anticipando di qualche mese o anno quello che probabilmente sarebbe accaduto in ogni caso, mentre i lavoratori meno qualificati subiranno un sempre maggiore turn over.
Il nodo principale è legato all’incremento della burocratizzazione del lavoro. Ogni nuova assunzione a termine da qui in poi dovrà essere attentamente valutata e i nuovi contratti saranno sottoposti all’analisi di avvocati del lavoro per valutarne le implicazioni anche legali. Il rischio di contenziosi è alto, anche e soprattutto in ragione di come è formulato il testo del decreto stesso. Tra le causali che permettono la stipula di contratti a tempo determinato superiori ai 12 mesi (ma in ogni caso mai superiori ai 24, contro i precedenti 36 previsti dal Job Act) sono previste «esigenze temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività o connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili della attività ordinaria» senza ulteriori specifiche, lasciando quindi amplissima possibilità di interpretazione.
Giovedì, a palazzo Stella, i responsabili del personale erano concordi nel giudicare improbabile la futura attivazione di contratti di questo tipo, anche perché, in caso di contenzioso vinto dal lavoratore, la norma prevede l’immediata assunzione a tempo indeterminato.
Le aziende si stanno già orientando verso i contratti in staff leasing, dei quali si prevede un’impennata: i lavoratori saranno assunti sì a tempo indeterminato, ma dalle agenzie di somministrazione, spostando ogni 12 mesi il dipendente da un’azienda all’altra. Una modalità che non contrasta con le norme del decreto dignità, ma che preoccupa i sindacati perché «danneggia in maniera profonda la dignità del lavoratore, costretto a cambiare ambiente di lavoro senza la possibilità di formarsi, maturare anzianità, essere inserito nei percorsi sindacali o stringere un rapporto di fiducia con il datore di lavoro». Decise le critiche di Paolo Cagol della Fim Cisl di Trento, che si dice preoccupato e in attesa dei futuri sviluppi: «Per il momento teniamo monitorata la situazione. I problemi maggiori si avranno tra qualche mese, entro la prima metà del 2019, quando andranno in scadenza tutta una serie di contratti che non è stato possibile rinnovare con la precedente normativa».
Ugualmente critico il direttore di Confindustria Trento Roberto Busato: «Le aspettative sono negative. Il nuovo decreto contiene misure che rischiano di rendere incerto e imprevedibile il quadro normativo e di conseguenza disincentivano le crescite delle aziende. Il lavoro cresce se l’impresa cresce».