Corriere del Trentino

Nepal, test proteico a quota 6.000 metri

Spedizione con sei alpinisti trentini. Test su una miscela firmata Bolzano-Mach

- Ma. Gio.

Sei alpinisti trentini sono volati in Nepal per testare una miscela proteica prodotta da una ditta di Bolzano in collaboraz­ione con la Fondazione Mach e con il dirigente di dietetica all’ospedale di Trento Carlo Pedrolli. La spedizione ha effettuato il circuito dell’Annapurna, cercando anche di raggiunger­e la cima Chulu West a 6.419 metri. Alla fine ad arrivare in vetta è stato solo Massimo Benedetti, fratello dell’alpinista Renzo, scomparso in Nepal nel 2015.

TRENTO Il primo pensiero, nei resoconti del team appena sbarcato in Italia, è andato a Renzo Benedetti, l’alpinista trentino morto in Nepal tre anni fa insieme a Marco Pojer a causa del terribile terremoto che sconvolse il paese. Un riferiment­o non casuale: la spedizione, rientrata proprio da quel Nepal che nel 2015 era stato fatale all’alpinista, era guidata dal figlio di Renzo, Marco. E nel team c’era anche il fratello, Massimo Benedetti, partito insieme alla moglie Romina Fontanari, a Paolo Zanol di Capriana, a Renzo Eccher di Tesero, a Francesco Coelli di Valcava e a Giorgio Martini, medico farmacista di Cembra specializz­ato in biologia della nutrizione.

In Nepal, il gruppo di sei alpinisti trentini è volato per «poter dare un contributo scientific­o nell’ambito della medicina di montagna», sottolinea Giorgio Martini.

In sostanza, la spedizione è stata organizzat­a per testare una miscela proteica sviluppata e prodotta da una ditta di Bolzano, la «Lyopharm», in collaboraz­ione con la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige e con la consulenza di Carlo Pedrolli, dirigente dell’unione operativa di dietetica e nutrizione clinica dell’ospedale Santa Chiara di Trento.

«Il lavoro scientific­o — prosegue il farmacista — è stato impostato per analizzare le variazioni del microbiota umano in quota in relazione all’assunzione delle proteine. Il corpo umano infatti, se sottoposto a stress e a fatica prolungata specialmen­te alle alte quote, può andare incontro a una riduzione proteica a livello muscolare. Ecco pertanto che una miscela proteica potrebbe contrastar­e tali effetti di indebolime­nto fisico».

Per testare la miscela trentina-bolzanina il team ha percorso a piedi il circuito dell’Annapurna. Con un obiettivo in più: cercare di raggiunger­e anche la cima del Chulu West, a 6.419 metri di altitudine.

Non un obiettivo facile, in realtà. La spedizione, infatti, quando ha raggiunto l’high camp a 5.600 metri si è consultata con gli sherpa per capire la situazione e decidere il da farsi. Secondo gli sherpa, ci sarebbero volute undici ore per raggiunger­e la vetta e altre cinque ore per rientrare all’high camp. Un tempo stimato anche sulla base della presenza di numerosi crepacci, che avrebbero costretto gli alpinisti a muoversi con doppia picozza sul ghiaccio. «Una spedizione giapponese — racconta Martini — aveva tentato di fare altri due campi in quota, ma era tornata indietro». Sulla base di queste informazio­ni, il gruppo ha deciso di lasciar provare l’ascesa al solo componente in grado di farcela, per esperienza alpinistic­a e resistenza fisica: Massimo Benedetti ha quindi portato a termine «l’impresa» arrivando in vetta in sette ore e scendendo in meno di cinque. «Ora — conclude il farmacista — attendiamo i risultati delle analisi in corso nei laboratori e dei rilievi effettuati sul team».

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Spedizione I sei componenti del team trentino volato in Annapurna

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