Prima la droga poi i calci: dura condanna
Pena esemplare per un quarantenne. L’uomo aveva 231 grammi di eroina e 52 di cocaina
È di 9 anni e 5 mesi la condanna inflitta ieri a uno spacciatore che ha tentato di resistere all’arresto. La sentenza, particolarmente severa, prevede anche l’espulsione dell’uomo a fine pena.
TRENTO Un passato difficile alle spalle, un vita nel mondo della droga tra piccoli reati e stupefacenti. Poi l’ultimo arresto, il processo per direttissima e la condanna esemplare che segnerà in modo determinante il futuro dell’uomo.
Il giudice Greta Mancini questa volta non ha fatto sconti e ha inflitto una pena di 9 anni, 5 mesi e 10 giorni di reclusione a un quarantenne di origini tunisine, accusato di spaccio e resistenza a pubblico ufficiale. L’uomo dovrà pagare anche una multa di 30.000 euro, inoltre il giudice ha disposto l’espulsione a fine pena, come prevede il Dpr 309 del ‘90. Raramente accade a Trento di vedere condanne così pensanti in materia di droga senza la contestazione del reato associativo, ma i venti forse sono cambiati o il giudice ha voluto dare un segnale. Certo è che l’uomo ha alle spalle molti precedenti e questi hanno sicuramente pesato, anche il quantitativo di droga sequestrata non era poco.
Il quarantenne era stato fermato dai carabinieri della radiomobile di Trento il 16 ottobre scorso in città mentre consumava cocaina insieme ad altri ragazzi. Alla vista dei carabinieri l’uomo ha cercato di fuggire e di disfarsi di un involucro di cocaina, ma è stato fermato dopo 200 metri. A quel punto avrebbe cercato di divincolarsi sferrando calci alle gambe e pugni. I militari lo hanno bloccato e hanno scoperto che addosso aveva un pezzo unico di eroina, avvolto nel cellophane, del peso di 231 grammi di eroina e un altro sacchettino con all’interno 52,43 grammi di cocaina.
Da qui è scattato l’arresto. L’indomani si è celebrata l’udienza per direttissima, ma era stata rinviata su richiesta del difensore, l’avvocato Filipsi po Fedrizzi. Venerdì il caso è tornato sul tavolo del giudice ed è arrivata la stangata. Il giudice non ha concesso le attenuanti generiche perché l’uomo ha alle spalle numerosi precedenti e ha applicato anche la recidiva che porta ad un aumento di due terzi della pena. Facendo un calcolo veloce il giudice è quindi partito da una pena base di 8 anni, aumentata di due terzi, si arriva a quattordici anni, applicando poi lo sconto di un terzo per effetto del rito abbreviato arriva alla pena finale di 9 anni. La Procura in un primo momento non aveva contestato la recidiva specifica e proprio questa ha fatto schizzare in alto la pena.
In realtà per effetto di una sentenza della Corte Costituzionale che ha ritenuto illegittima l’applicazione obbligatoria della recidiva per un principio di proporzionalità, il giudice poteva decidere di non applicarla. Secondo la Corte — per evitare automatismi sanzionatori (in quanto «produttivi di effetti di compressione per i diritti fondamentali della persona”, scrivono i giudici)— è il magistrato a dover valutare. È discrezionale quindi. Il giudice Mancini ha però deciso di usare il pugno di ferro. Ora la difesa farà probabilmente appello, ma nel frattempo l’uomo dovrà restare in carcere.