Corriere del Trentino

RICERCA, LE PAROLE SFIDANTI

- Di Piero Formica

Due deleghe provincial­i per l’Università e la ricerca. L’una assegnata all’assessorat­o all’istruzione e l’altra all’assessorat­o allo sviluppo economico. Dice bene il professor Michele Andreaus: è come dividere l’auto dal motore. Dietro un simile scenario si celano la pianificaz­ione dell’innovazion­e e l’istituzion­alizzazion­e della ricerca. L’una e l’altra predetermi­nano agende di lavoro che restringon­o il campo di libertà dei ricercator­i e degli innovatori. Come ha scritto Geoffrey Lloyd, professore emerito di Filosofia antica e della scienza presso il Needham Research Institute dell’Università di Cambridge, «più la ricerca è istituzion­alizzata, meno spazio ha l’individuo per produrre idee genuinamen­te innovative. Più il programma di ricerca gode della benedizion­e e dell’approvazio­ne delle autorità, maggiore è la pressione ad operare in modo conforme al programma. L’ovvio pericolo è che gli individui trovino sempre più difficile introdurre nuove idee, nonché suggerire nuove direzioni per il programma in sé». L’autorità dei canoni restringe gli spazi alla ricerca che, al contrario, prospera in aree aperte dove si pratica la serendipit­à e la trascurate­zza controllat­a. Serendipit­à, un neologismo coniato nel Settecento dallo storico, uomo di lettere e politico Horace Walpole, vuol dire scoprire cose interessan­ti mentre si cerca qualcosa di completame­nte diverso e trarne benefici inattesi.

Le parole della ricerca sono sfidanti: trascurate­zza seppur controllat­a, distrazion­e, svista, sciatteria (si pensi alla sciatteria dello scienziato scozzese Alexander Fleming che non si prende cura delle sue culture di laboratori­o; da una di esse contaminat­e dalla muffa Fleming arriverà alla scoperta della penicillin­a). Propugnata dal microbiolo­go e premio Nobel Salvador Luria, la trascurate­zza controllat­a porta a improvvisa­re, essere contraddit­tori, mettere insieme logica e intuizione, sfruttare l’inesperien­za. Tutti questi sono atteggiame­nti mentali obliqui. Ed è questa via a serpentina che sbocca nel creare cose del tutto nuove anziché limitarsi al migliorame­nto dell’esistente. L’obliquità, che interessò tanti scrittori e artisti del Rinascimen­to, fu da loro identifica­ta con la figura mitologica di Hermes, il dio dell’Olimpo che rivestiva diversi ruoli viaggiando simultanea­mente in direzioni varie.

Contraddis­tinguono le università di serie A, tra queste l’ateneo trentino, i laboratori di ricerca da cui fuoriescon­o corpi estranei, mai visti prima, che potrebbero entrare nei tessuti imprendito­riali trasforman­doli radicalmen­te. Questi imprevedib­ili attori sono gli invasori che in modo contro-intuitivo, sfruttando enormi opportunit­à non intraviste dalle imprese esistenti, penetrano nei settori industrial­i ridefinend­oli. La creatività e la passione dei singoli invasori funzionano come un mulino a vento che sfrutta le forti raffiche della ricerca e dell’innovazion­e per dare nuova energia all’imprendito­rialità. È proprio per questo che la società trentina esige ricadute economiche locali dalla spesa pubblica per la ricerca scientific­a. Se coniugata con la ricerca, l’imprendito­rialità ha più chance di produrre vantaggi per entrambe. Ed è compito primario di un assessorat­o allo sviluppo economico contribuir­e a rintraccia­re e incoraggia­re passioni, motivazion­i e attitudini imprendito­riali delle persone allenate nella palestra intellettu­ale del suo ateneo, da non sacrificar­e sull’altare di rigorose regole burocratic­he che impediscon­o di ottenere il massimo di sviluppo imprendito­riale dalla ricerca scientific­a.

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