Università, Spinelli in campo «Nessuna preoccupazione»
Quattrone: ma non trascurare la conoscenza pura. Spinelli: niente paura
TRENTO A livello nazionale, la connessione tra università e ricerca è ribadita dall’appartenenza di questi due rami del sapere a un unico ministero di competenza, il Miur. Nel Trentino «del cambiamento», il presidente della Provincia Maurizio Fugatti non ha dato per scontata la classica ripartizione degli assessorati e ha optato per lo spacchettamento delle competenze. Da una parte quelle di ricerca scientifica, inserite nel portfolio dell’assessore per lo sviluppo economico, il tecnico Achille Spinelli; dall’altra la delega a istruzione, università e cultura, affidata a Mirko Bisesti.
Le linee d’azione dettagliate devono ancora essere definite dalla nuova giunta. Per questo l’assessore Spinelli è cauto nel descrivere le ragioni sottese alla decisione di deleghe distinte per università e ricerca scientifica. Ma rassicura che «le questioni organizzative non vogliono certo generare preoccupazioni».
Se nei giorni scorsi dai toni dell’ex rettore Davide Bassi e del rettore Paolo Collini si era potuta intuire una sfumatura di perplessità circa la rottura di un binomio storico — magari paventando la relegazione del sapere accademico in una torre d’avorio —, si ritrova invece una nota di speranza nelle parole del direttore del Cibio Alessandro Quattrone. Il quale si aspetta un intreccio più saldo tra ricerca scientifica e industria, come sembra essere negli intenti della nuova giunta.
Almeno a giudicare dalle dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi da Fugatti. Quella che si rispecchia nelle affermazioni del presidente della Provincia è una visione in un certo senso «strumentale» di ricerca: strumentale alla rete di imprese territoriali, alla ripresa del mercato del lavoro e allo sviluppo economico del Trentino. «Comparti come il nostro — commenta il direttore del Centro di biologia integrata dell’università di Trento — hanno interesse al trasferimento tecnologico. Il Cibio racchiude istanze di ricerca applicata e non, pertanto l’intenzione dell’università è che le due componenti procedano assieme, per poi vedere la parte di ricerca applicabile precipitare nel tessuto industriale». «Valorizzare il lato della ricerca utile alla crescita economica non è un rischio», a parere del direttore. Può addirittura essere un valore aggiunto, ma a patto che «non si atrofizzi il ramo conoscitivo della ricerca, quello che ha come fine la conoscenza e non l’applicazione industriale, e lo si aiuti invece ad esprimersi al meglio». Quanto allo spacchettamento, la scelta non dovrebbe influire sul risultato. «Posso immaginare che gli assessori saranno interlocutori coordinati», commenta Quattrone.
Il presidente della Camera di commercio di Trento, Gianni Bort, invece, guarda con ottimismo proprio alla ripartizione delle competenze di università e ricerca tra Bisesti e Spinelli. Vede in questa distinzione a livello provinciale un tentativo di «caratterizzazione» che distingue tra «sapere accademico», da una parte, e «ricerca orientata a un’applicazione nel mercato e a favore delle imprese», dall’altra. «Accademia e ricerca scientifica sono parenti da non confondere — sostiene Bort — e mi sembra che la nuova giunta stia dando un chiaro indirizzo di apertura della ricerca alle necessità dell’economia».