Obiettivo meteo prevedere le alluvioni
Grazzini: «Certi dati resistevano dal 1886». Zardi: radar, ammodernare la rete
È la previsione delle alluvioni la nuova sfida del meteo. Se ne parla al Festival della Meteorologia in corso a Rovereto. «L’ultima è stata peggiore di quella del 1966» dicono gli esperti.
ROVERETO Dal 1961 ad oggi sono stati analizzati ottocento eventi meteorologici avvenuti in tutta Italia. A unirli, una caratteristica fondamentale: le piogge intense che consentono di catalogarli come episodi alluvionali. Non c’è stato un parametro ignorato: millimetri caduti, vento, livello idrometrico dei fiumi. La sentenza: «Per vastità del territorio interessato, quanto accaduto tra il 30 ottobre e il 4 novembre 2018 non ha paragoni». Un contendente ci sarebbe: è il famoso diluvio del 1966, tirato in ballo fin dalla vigilia dell’evento. Ma anche su quello, alla fine, la sfida sembra vinta. «In moltissime zone c’è stato il record assoluto di piogge sui tre giorni: soprattutto in provincia di Belluno e sul Friuli, ma anche sull’Appennino tosco-emiliano: si parla di dati che, in certi casi, resistevano dal 1886. Ma ad aver fatto la differenza è stato il vento, scatenato dall’approfondimento della depressione verso sud: da quel punto di vista non ci sono davvero precedenti».
L’analisi è di Federico Grazzini, ricercatore dell’Università Ludwig-Maximilian di Monaco di Baviera e in forza al Servizio meteorologico dell’Emilia Romagna. Oggi, Grazzini parlerà a Rovereto, dove è in corso il Festival della Meteorologia, proprio delle piogge estreme in Italia e soprattutto di come prevederle, partendo da quanto avvenuto due settimane fa. «La meteorologia ha fatto passi da gigante — afferma — per quanto riguarda la previsione delle perturbazioni intense e prolungate. In questo caso, è stato possibile anticipare l’allarme di diversi giorni e penso che anche la
L’esperto Le temperature aumentano assieme all’umidità ovunque
differenza con quanto accaduto nel ’66, in termine di danni e vittime non sia casuale». Si può fare di più e meglio? Gli addetti ai lavori sono all’opera. Sempre in mattinata interverrà Silvio Davolio, dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr, che illustrerà il programma Hymex, con cui il consiglio delle ricerche si propone di monitorare il ciclo della pioggia nel Mediterraneo, in modo da anticipare fenomeni ciclonici. Sempre dai dati appare chiaro che questo tipo di eventi «fondo scala» siano più frequenti negli ultimi anni. «In generale — afferma Grazzini — abbiamo notato una riduzione delle piogge nell’area dell’Italia settentrionale in tutte le stagioni eccetto l’autunno. Le temperature aumentano assieme all’umidità a tutte le quote: sono condizioni che concorrono alla genesi dei nubifragi e dei violenti temporali». E proprio su questi ultimi si concentra ora lo sforzo dei meteorologi. «Per quanto i nostri mezzi siano migliorati — afferma Dino Zardi, docente di Fisica dell’atmosfera all’Università di Trento — prevedere fenomeni locali e improvvisi come i temporali rimane molto difficile, al massimo riusciamo ad arrivare con qualche ora di anticipo. Per questo sarà importante, ora, mettere mano ai radar, che restano lo strumento principe in questo campo. Purtroppo la rete italiana è obsoleta, va ammodernata». Sul lancio di un organismo unico, Italia Meteo, prevale lo scetticismo: si temono rallentamenti a causa del cambio di governo.
Queste condizioni concorrono alla genesi di nubifragi e violenti temporali