«Siamo diventati una minoranza Basta lotte di potere»
TRENTO È una provocazione — basata su una realtà dura da accettare per la comunità cristiana trentina — quella che l’arcivescovo di Trento, Lauro Tisi, ha rivolto ieri mattina ai presenti all’assemblea pastorale di Trento, incontro inserito in una serie di appuntamenti in cui la diocesi si è messa a confronto con il territorio.
È schietto, senza mezzi termini, il linguaggio che monsignor Tisi usa per descrivere la scarsa capacità delle parrocchie, nel presente, di intercettare le persone. E i giovani, in particolare. «Siamo diventati minoritari e poco significativi con le nostre comunità pastorali, fatichiamo ad arrivare laddove la gente svolge la propria vita». Una colpa in parte da ricondurre alle comunità. «Finiamola con le lamentele e la litigiosità tra membri delle stesse parrocchie, risvegliamoci, smettiamo di rispondere con tono stanco ai bisogni della comunità, di comportarci da mediocri e ragionare per ideologie».
Quello dell’arcivescovo è volutamente un tono di ammonimento. Parla di «bassa significatività del sistema pastorale negli spazi urbani», unita alla «scarsa rilevanza per i giovani». È sì finita un’epoca, ma «restare dentro questa città, rafforzando l’azione di della chiesa, è ancora possibile». Lo spazio vuoto non si riempie ripensando semplicemente l’amministrazione, «occorre superare la visione di parrocchia alla quale la storia ci ha abituato». In città, «dove la situazione — spiega il vescovo — è più urgente, ci sono anche più opportunità di ritrovare lo spirito». Sprona la chiesa di Trento a una «missione permanente» (espressione che Tisi riprende da una lettera scritta da papa Francesco nel 2017), articolata in quattro percorsi di rinnovamento.
In primis, prendendo atto dell’anacronismo di un modello di comunità legato al territorio. «Oggi — spiega — le parrocchie non possono pensarsi su criterio territoriale. Il bacino è più ampio di quello di un singolo quartiere, non si vedono più i confini tra una zona abitata e l’altra». Al tempo stesso, non può più considerarsi attuale una «pastorale di presidio, di controllo e censimento delle aree cittadine»: alla chiesa, così come ai parroci, farebbe bene «lasciare da parte le vecchie dinamiche di potere», spiega l’arcivescovo. La chiesa rinnovata di Tisi, poi, è abitata da una comunità che «si fa carico dei poveri, ma non per fare delle belle prediche»; una comunità «in cui si pratica la fraternità e ci si stima».
Un particolare che aggiunge
L’affondo
Il presule non ha usato perifrasi per descrivere quella che ha definito «una sconfitta della chiesa trentina»
Missione permanente Il cambiamento auspicato non è logistico: «Insegnare la nostalgia dell’infinito»
per aprire una parentesi su un problema riscontrato in diverse parrocchie a Trento, ossia «l’alto tasso di litigiosità». «Una sconfitta per la chiesa trentina», aggiunge. L’atto di cambiamento suggerito dall’arcivescovo è un atto coraggioso. Un azzardo, forse, ma è quello di cui ha bisogno per sopravvivere. E prende in prestito alcune righe da Antoine de Saint-Exupéry per indicare la nuova rotta: «Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito».