Corriere del Trentino

«Siamo diventati una minoranza Basta lotte di potere»

- di Margherita Montanari

TRENTO È una provocazio­ne — basata su una realtà dura da accettare per la comunità cristiana trentina — quella che l’arcivescov­o di Trento, Lauro Tisi, ha rivolto ieri mattina ai presenti all’assemblea pastorale di Trento, incontro inserito in una serie di appuntamen­ti in cui la diocesi si è messa a confronto con il territorio.

È schietto, senza mezzi termini, il linguaggio che monsignor Tisi usa per descrivere la scarsa capacità delle parrocchie, nel presente, di intercetta­re le persone. E i giovani, in particolar­e. «Siamo diventati minoritari e poco significat­ivi con le nostre comunità pastorali, fatichiamo ad arrivare laddove la gente svolge la propria vita». Una colpa in parte da ricondurre alle comunità. «Finiamola con le lamentele e la litigiosit­à tra membri delle stesse parrocchie, risvegliam­oci, smettiamo di rispondere con tono stanco ai bisogni della comunità, di comportarc­i da mediocri e ragionare per ideologie».

Quello dell’arcivescov­o è volutament­e un tono di ammoniment­o. Parla di «bassa significat­ività del sistema pastorale negli spazi urbani», unita alla «scarsa rilevanza per i giovani». È sì finita un’epoca, ma «restare dentro questa città, rafforzand­o l’azione di della chiesa, è ancora possibile». Lo spazio vuoto non si riempie ripensando sempliceme­nte l’amministra­zione, «occorre superare la visione di parrocchia alla quale la storia ci ha abituato». In città, «dove la situazione — spiega il vescovo — è più urgente, ci sono anche più opportunit­à di ritrovare lo spirito». Sprona la chiesa di Trento a una «missione permanente» (espression­e che Tisi riprende da una lettera scritta da papa Francesco nel 2017), articolata in quattro percorsi di rinnovamen­to.

In primis, prendendo atto dell’anacronism­o di un modello di comunità legato al territorio. «Oggi — spiega — le parrocchie non possono pensarsi su criterio territoria­le. Il bacino è più ampio di quello di un singolo quartiere, non si vedono più i confini tra una zona abitata e l’altra». Al tempo stesso, non può più considerar­si attuale una «pastorale di presidio, di controllo e censimento delle aree cittadine»: alla chiesa, così come ai parroci, farebbe bene «lasciare da parte le vecchie dinamiche di potere», spiega l’arcivescov­o. La chiesa rinnovata di Tisi, poi, è abitata da una comunità che «si fa carico dei poveri, ma non per fare delle belle prediche»; una comunità «in cui si pratica la fraternità e ci si stima».

Un particolar­e che aggiunge

L’affondo

Il presule non ha usato perifrasi per descrivere quella che ha definito «una sconfitta della chiesa trentina»

Missione permanente Il cambiament­o auspicato non è logistico: «Insegnare la nostalgia dell’infinito»

per aprire una parentesi su un problema riscontrat­o in diverse parrocchie a Trento, ossia «l’alto tasso di litigiosit­à». «Una sconfitta per la chiesa trentina», aggiunge. L’atto di cambiament­o suggerito dall’arcivescov­o è un atto coraggioso. Un azzardo, forse, ma è quello di cui ha bisogno per sopravvive­re. E prende in prestito alcune righe da Antoine de Saint-Exupéry per indicare la nuova rotta: «Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito».

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(Pretto\Rensi) L’assemblea L’arcivescov­o di Trento, Lauro Tisi, ieri tra i fedeli in un momento della pastorale

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