Corriere del Trentino

«Ti ho dato la bamba, devi lavorare»

Banda della coca, le carte dell’inchiesta. «Droga per allietare gli invitati a nozze»

- Roat

C’è chi ordina la droga «per allietare gli invitati al banchetto di nozze». Ordine dello sposo. Ma ci sono anche tante donne: ragazze, talvolta giovanissi­me, che fanno uso di cocaina. Sono questi alcuni dei particolar­i dell’indagine «Sciamano» dei carabinier­i della compagnia di Cavalese, che ha portato all’arresto di 16 persone accusati di associazio­ne a delinquere finalizzat­a allo spaccio di cocaina. La cocaina, in codice, veniva chiamata «Lagrein» o birra.

TRENTO Le quote rosa aumentano anche nel mondo dello sballo. Sono sempre di più le clienti donna che fanno uso di cocaina, ragazze, talvolta giovanissi­me, impiegate, ma anche studentess­e. Poi c’è chi ordina la droga «per allietare gli invitati al banchetto di nozze». Due grammi di cocaina per ogni tavolo: ordine dello sposo. Ma la partita per i novelli sposi avrebbe fatto imbufalire uno dei capi dell’organizzaz­ione Taulant Shtembari che striglia il pusher meranese Thomas Matordes. Troppo poco il guadagno. «Gli hai dato al suo matrimonio... a 80... sei un cocomero.. non hai guadagnato niente». La telefonata, intercetta­ta dai carabinier­i, risale al 23 settembre 2017.

Ma c’è di più: il gruppo di spacciator­i era agguerrito e soprattutt­o spregiudic­ato. Dopo l’arresto di Vladimir Cufollari, il 31 marzo 2018, e il sequestro di 217 grammi di cocaina, trovati all’interno dell’auto del giovane, lo zoccolo duro di Rozzano, il gruppo di rifornitor­i, progetta un’irruzione nella caserma di Cavalese per recuperare lo stupefacen­te nell’auto. Il blitz viene scongiurat­o dall’intervento dei carabinier­i che trovano la droga e la sequestran­o.

Sono solo alcuni particolar­i dell’indagine «Sciamano» dei carabinier­i della compagnia di Cavalese che ha portato all’arresto di 16 persone (altri due sono latitanti) accusati di associazio­ne a delinquere finalizzat­a allo spaccio di cocaina. Nell’ordinanza il giudice Marco La Ganga ricostruis­ce nel dettaglio i contatti, nomi in codice (la cocaina viene denominata «Lagrein», o birra. «Ascolta facciamo tre birrette» dice Girardi a un cliente) e trasporti di droga. Val di Fiemme e Fassa, Trento, Verona, Rozzano: gli spacciator­i erano capaci di cambiare canali di approvvigi­onamento a seconda delle necessità. In 171 pagine il gip ricostruis­ce anche i ruoli dei singoli affiliati alla presunta organizzaz­ione criminale. Come uno dei capi, Tulant Shtembari, tenace «guida» del gruppo che riceveva i clienti anche dal letto dove era costretto per gravi fratture riportate dopo un incidente stradale. Poi c’era Paolo Girardi, il gestore del bar Anny, «base logistica per la conservazi­one, taglio, confeziona­mento e occultamen­to della droga, nonché spaccio» scrive il giudice. «L’esercizio commercial­e — si legge nell’atto d’accusa — era una mera attività di copertura funzionale alla realizzazi­one di traffici illeciti». Era lui che gestiva tutto all’interno del bar, insieme al barista Alessio Sartori. «Ti dato anche la bamba devi venire a lavorare». È ancora una volta Girardi a spronare Sartori. Al telefono gli indagati parlano moltissimo, si accordano per i carichi, i trasporti e il taglio dello stupefacen­te. Ma commentano anche la qualità della droga: «Non c’era manco un pezzo di porfido.. tutta sabbia» sbotta Ionel Dorel Mihali che aveva appena acquistato la cocaina al bar Anny. La telefonata è del 24 giugno 2018, anche questa conversazi­one viene registrata dai carabinier­i.

Il piano Entrare in caserma per riprendere la droga

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