Corriere del Trentino

Don Mauro: «Il parroco oggi? Difficile senza l’aiuto dei laici»

- Chiara Marsilli

Un anno è forse poco per valutare appieno tutte le dinamiche di una comunità, ma don Mauro Leonardell­i, passato circa dodici mesi fa dall’alta Val di Non a Trento Nord, ha già avuto modo di confrontar­si con alcune delle problemati­che che implica gestire le cinque parrocchie di Cristo Re, Madonna della Pace, Piedicaste­llo, Vela e Solteri per un totale di circa 25mila anime. Come è cambiato il ruolo del parroco?

«È un ruolo in divenire. Va dimenticat­o il parroco che, come un tempo, andava a trovare tutti gli ammalati casa per casa. Io dovrei passare a visitare più di 400 persone: impensabil­e. Nel mio caso, garantisco alcune fasce orarie di presenza su ogni parrocchia nel corso della settimana e poi mi muovo in base alle necessità. Ma questo nuovo modo di agire è anche liberante, perché permette di concentrar­si sul terreno proprio della cristianit­à: le relazioni umane».

Lei viene da una realtà lontanissi­ma da quella cittadina. Che differenze si riscontran­o tra valli e città?

«In valle è in atto un forte cambio di stile di vita, con sempre meno persone che vivono i paesi durante il giorno, quando la maggioranz­a va in città a lavorare. Ma nei paesi è molto più forte il senso di appartenen­za e delle tradizioni. Anche se la vita quotidiana non è sempre facile a causa della scarsità di servizi, sono poche le persone che se ne vanno in maniera definitiva. In città al contrario il senso di appartenen­za è labile, i confini sono molto più liquidi e l’arrivo o la partenza di più persone è un avveniment­o assai più comune. Solo la settimana scorsa nella struttura di cohousing a Campotrent­ino sono arrivate 21 famiglie: 60 persone nuove».

In questo nuovo paradigma come si inserisce la questione dei migranti?

«Non parlerei di migranti o richiedent­i asilo. Sono persone che come altre arrivano sul territorio con un bagaglio di esperienze personali e con le quali è necessario entrare in relazione. Ciò non significa che tutto vada bene o che ognuno possa fare quello che vuole, ma dialogare con loro ci può anche aiutare a rivedere le nostre priorità».

L’Arcivescov­o Tisi auspica la nascita di gruppi di laici allargati in grado di affiancare il parroco e sorreggere la comunità.

«Si tratta di un modello che informalme­nte viene già applicato. Ogni parrocchia ha il suo comitato di comunità che aiuta il parroco a gestire varie funzioni come la catechesi. Non un uomo solo al comando, ma di un gruppo di persone che si mettono al servizio degli altri».

Confronto

In città ci sono più servizi ma meno senso di identità

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PrelatoMau­ro Leonardell­i guida 25.mila anime

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