Corriere del Trentino

«Profughi trasferiti da Trento L’accoglienz­a è dovuta per legge Decreto Salvini, i costi saliranno»

Parla Di Capua, direttrice dello Sprar. Il governator­e tira dritto

- Di Erica Ferro

TRENTO «Se ci fossero stati segnalati avremmo potuto accoglierl­i». Reagisce così la direttrice del servizio centrale Sprar Daniela Di Capua di fronte alla notizia della quarantina di richiedent­i asilo, per la maggior parte pachistani, inseriti nel progetto promosso dal Comune di Trento con base alla residenza Fersina che per metà saranno trasferiti. Una situazione, la loro, che definisce «priva di senso»: «L’accoglienz­a dei richiedent­i asilo è dovuta per legge — commenta — non può essere subordinat­a all’esistenza o meno di un progetto o al modo in cui questi sono arrivati sul territorio». Ma il governator­e Maurizio Fugatti è fermo nella sua replica: «È giusto che ricevano accoglienz­a, se le leggi dicono questo noi ottemperia­mo — sottolinea — ma non è detto che debbano essere accolti in Trentino: avranno pranzo, cena e un alloggio ma non a Trento, questo è il messaggio che deve passare».

Di Capua è intervenut­a sulla questione a margine del workshop «Territori accoglient­i», organizzat­o ieri da Euricse al dipartimen­to di Lettere dell’università di Trento, che ha messo a sistema ventinove buone pratiche dispiegate in undici regioni italiane per rispondere alla sfida migratoria. A Milano, ad esempio, è il Comune, tramite una convenzion­e con la prefettura che finanzia il percorso, a gestire i richiedent­i asilo che non vengono ripartiti dallo Stato nei territori: «Abbiamo iniziato con alcune centinaia di persone poi siamo arrivati a mille — spiega il direttore dell’area emergenze sociali del Comune di Milano Cosimo Palazzo—– e oggi il nostro sistema prevede due gestori, prefettura e Comune, che insieme accolgono l’intera popolazion­e dei richiedent­i asilo».

Anche nel capoluogo lombardo 37 ragazzi pachistani hanno dormito per alcune notti in un parco: «Abbiamo deciso di accoglierl­i in una nostra struttura aperta senza fondi statali in collaboraz­ione col terzo settore e stiamo lavorando con la prefettura affinché chi ne ha diritto possa entrare nel suo sistema di accoglienz­a — chiosa Palazzo — quelli che non sono riconosciu­ti come richiedent­i asilo o sono fuoriuscit­i dal sistema per qualsiasi ragione, in questa fase dell’anno saranno ospitati nei circa 2.700 posti letto cittadini del “piano freddo”».

È nel medio e lungo periodo che il sistema dovrà scontare l’incertezza causata dal decreto sicurezza che arriverà domani in Aula a Montecitor­io: «Siamo in attesa di capire dallo Stato cosa fare con le persone che sono considerat­e irregolari sul territorio» ammette Palazzo.

Perché i quasi 300 iscritti al workshop di Euricse non hanno potuto prescinder­e dal contesto giuridico e culturale in cui si inscrive la loro azione: «Il rischio odierno è che molte delle cose su cui vi state concentran­do diventino archeologi­a» ammonisce Gianfranco Marocchi, consiglier­e di amministra­zione di Idee in rete. Secondo Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio italiano di solidariet­à e vicepresid­ente Asgi, le «conseguenz­e del decreto saranno pesantissi­me»: una su tutte, «i progetti ex Sprar ubicati in aree periferich­e o marginali si svuoterann­o».

Di Capua mette invece in discussion­e la riuscita del contenimen­to dei costi legati all’accoglienz­a: «Abbassare l’erogazione dei contributi ai Cas (Centri di accoglienz­a straordina­ria, ndr) da un punto di vista tecnico produrrà costi sociali e sanitari che non graveranno sulle casse del ministero dell’Interno, bensì sui territori e i cittadini — osserva — con questo decreto avremo più persone per le strade che entreranno nel mercato nero se non addirittur­a nella piccola criminalit­à».

Presidente

Siamo in attesa di capire dallo Stato cosa fare con le persone che sono considerat­e irregolari

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(Foto Rensi) Relatori Da sinistra Barbara Poggio, Daniela Di Capua, Gianfranco Marocchi, Gianfranco Schiavone e Mario Diani

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