I cattolici e la Lega
Nell’ampia intervista pubblicata sul Corriere del Trentino il vescovo si trattiene da un giudizio sull’esito delle elezioni in Trentino. Fa bene. Ripete ciò che ha detto bene all’Assemblea pastorale di Trento: i poveri, e gli stranieri innanzi tutto, devono essere accolti. Non dovrebbe però trattenersi la chiesa intera da una riflessione su come hanno votato i cattolici. Maurizio Fugatti nell’intervista a Vita Trentina è orgoglioso che molti di loro, praticanti, abbiano votato la Lega. Le liste erano fitte di candidati cattolici, fino a Denis Paoli, giovane consigliere famoso per aver fatto inchiodare i crocifissi sui muri della sua scuola e aver poi raccolto al mercato le firme per respingere i profughi. Sabato scorso il celebrante don Girolamo Job, a messa nella parrocchia di Sant’Antonio, ha affermato che il Vangelo è incompatibile con il programma «prima gli italiani, prima i trentini». Delle quindici persone che ho incontrato nella settimana solo due (una è Laura, mia moglie) hanno collegato quelle parole coraggiose con le recenti elezioni. Perché i celebranti, i coraggiosi
innanzitutto, non incominciano con il chiedere ai fedeli silenziosi fra i banchi di fermarsi dopo la messa per dire se hanno capito? Sarebbe un avvio di «educazione alla politica» voluta dal Concilio Vaticano II, quando ha riconosciuto
ai cattolici il diritto al pluralismo, a votare con la propria testa. La difficoltà per i preti, e per i vescovi, è rinunciare a un discorso unidirezionale, dal pulpito ai banchi. Per i laici pensanti, la difficoltà è ritrovare la fiducia che la
storia non è finita. Silvano Bert, TRENTO