Corriere del Trentino

Quando a Venezia il prete ingaggiò un bodyguard

Molte le voci critiche, ma c’è chi è d’accordo: «Era ora»

- Di Giacomo Costa

Il caso Trento ha un precedente nel Veneziano. Il parroco del Duomo di Mestre, monsignor Fausto Bonini (in foto), ingaggiò un bodyguard davanti alla chiesa. «Ho ricevuto il plauso da tantissimi cittadini – racconta – e sì, anche qualche insulto, ma l’avevo messo in conto».

TRENTO La decisione di appostare le guardie di vigilanza fuori la chiesa di Santa Maria Maggiore divide i fedeli. Da una parte c’è chi richiede tranquilli­tà e maggiore sicurezza, dall’altra c’è chi considera la misura della Provincia soltanto uno sperpero di denaro pubblico. «Ben vengano interventi di questo tipo, non possiamo sentirci insicuri» dice una signora appena uscita dalla messa, «50.000 euro che farebbero molto comodo alle comunità colpite dal maltempo» commenta invece un signore che passeggia con suo nipote a pochi passi dalla chiesa.

Il bando che sarà pubblicato dalla Provincia per istituire un servizio di vigilanza davanti la chiesa andrà ad affiancare l’attività di sorveglian­za pomeridian­a svolta — a partire dall’anno scorso — dal «gruppo volontari di Santa Maria Maggiore». Mentre la mattina la chiesa viene aperta per le funzioni religiose fino alle 12, nel pomeriggio dalle 14,30 alle 17 è accessibil­e sia per i credenti che per i visitatori, tutti giorni ad eccezione della domenica. «Non hanno proprio senso i vigilantes, cosa possono fare in più a differenza nostra? Come noi, saranno costretti anche loro a chiamare le forze dell’ordine in casi di estrema emergenza — spiega Mauro Merler, uno dei volontari — È uno scandalo inoltre che non siano stati interpella­ti i diretti interessat­i. Credo che la nostra attività possa già garantire il decoro all’interno della chiesa. Si sono verificati piccoli episodi di disordine, come alcuni ragazzi che erano entrati a fumare, ma siamo sempre stati in grado di mantenere un’atmosfera consona all’ambiente. Fino ad ora mai nessuno ha opposto resistenza al nostro invito di uscire fuori dalla chiesa quando era necessario. Credo che la misura della Provincia sia soltanto propaganda politica, bisogna parlare

 Merler Cosa possono fare di più? Anche loro dovranno chiamare le forze dell’ordine

alla testa non alla pancia delle persone».

Dello stesso avviso è Mirella, «è una misura che ci disonora. Ma siamo diventati matti? In tutte le mattine che sono venuta non ho mai visto situazioni che necessitan­o l’intervento di vigilantes», dice la signora al termine della celebrazio­ne della messa mattutina.

Non è d’accordo invece un residente che abita nella zona di Santa Maria e che va spesso a pregare in questa chiesa. «È una misura che arriva in netto ritardo. Sono stato aggredito vicino casa una volta, così mi ritrovo a dover proteggerm­i da solo — dice il signo-

re mostrando la pistola spray al peperoncin­o che tiene in tasca al cappotto — Insomma primum vivere, deinde philosopha­ri».

La percezione di insicurezz­a avvertita dai fedeli e dagli abitanti della città — non solo dai residenti che abitano nei dintorni della chiesa — sembra derivare prevalente­mente dalle situazioni che si creano nella piazza nelle ore serali e notturne durante le quali possono accadere episodi come la facciata imbrattata di vino, o come il ragazzo, ormai noto, che urinava sulla parete esterna della chiesa. «I vigilantes non servono a niente, quando si fa rumore dovrebbero essere le forze dell’ordine a intervenir­e. La misura della Provincia è soltanto superflua ed eccessiva visto che è pur sempre un luogo di culto», sostiene Adriano che per lungo tempo ha abitato nel quartiere di Santa Maria.

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