Corriere del Trentino

Pd, Muzio si dimette «Troppi distinguo non è più possibile andare avanti»

- Ma. Gio.

Questa volta le dimissioni sono «assolutame­nte irrevocabi­li». E per non lasciare adito a dubbi, Giuliano Muzio le ha messe per iscritto, in una lettera inviata ai membri dell’assemblea provincial­e, ai componenti della commission­e di garanzia e «per conoscenza» al presidente nazionale del Pd.

Da ieri, dunque, Muzio non è più segretario dei democratic­i trentini: l’assenza di quasi due terzi dell’assemblea, nella riunione convocata venerdì scorso, ha di fatto reso definitiva una decisione che Muzio aveva maturato già da tempo. Ma che poi aveva «congelato» spinto da quella stessa assemblea che la scorsa settimana lo ha lasciato solo.

«Avevo dato la mia disponibil­ità — ricorda Muzio — ad accompagna­re il partito verso una “stagione” congressua­le, che a mio avviso era indispensa­bile a ripartire ed era anche doverosa nella “fisiologia” politica normale, per la quale la classe dirigente di un partito all’indomani di una sconfitta si mette in discussion­e, consegnand­o nelle mani degli iscritti e degli elettori il proprio mandato. La mia disponibil­ità era dettata dalla volontà di preservare la struttura da rischi di collasso e di sfaldament­o e poggiava sul mio senso di responsabi­lità e non certo sulla volontà di affermare una visione politica. Anzi, nel formulare questa proposta all’assemblea avevo esplicitam­ente dichiarato di non volermi ricandidar­e nella prossima tornata congressua­le».

Ma alla sua disponibil­ità, prosegue l’ormai ex segretario, «non è corrispost­a altrettant­a disponibil­ità da parte dell’assemblea a venirmi incontro». Tanto che «già nell’incontro del 5 novembre erano prevalsi una serie di distinguo sull’opportunit­à di andare ad aprire la stagione congressua­le». Osservazio­ni queste, ammette Muzio, «delle quali ho preso atto, cercando di opporre i miei ragionamen­ti. In particolar­e riconosco come fondate le obiezioni di chi teme che la contempora­nea celebrazio­ne del congresso nazionale e di quello provincial­e potrebbe offuscare le questioni locali. Tuttavia, credo che l’urgenza di ridefinirc­i debba prevalere su ogni altra consideraz­ione».

E siamo al «fattaccio», ossia all’assemblea di venerdì scorso disertata praticamen­te in massa. «Ritengo — osserva Muzio — abbia poca importanza pratica indagare se le ragioni delle assenze fossero o meno accettabil­i, anche se sicurament­e non può essere un caso che manchi così tanta gente a un appuntamen­to importante».

Di qui la decisione di dimettersi: «Non ci sono più le condizioni — conclude Muzio — per proseguire».

Le assenze non possono essere casuali

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