Corriere del Trentino

PERIFERIE, RISPOSTE COMPLESSE

- Di Enrico Franco

Il disagio delle valli rientra nel genere delle narrazioni che si autoavvera­no. Un po’ come accade con gli ipocondria­ci: quando a uno di loro chiedete se senta un formicolio alle mani, dopo poco tempo lui avvertirà esattament­e quella sensazione. Intendiamo­ci, ciò non significa che vada tutto bene o che il vescovo di Trento, nella bella intervista rilasciata giovedì scorso a Simone Casalini, abbia lanciato allarmi esagerati. Sono alcuni commenti successivi a ingenerare perplessit­à, ancor più quando vengono conditi da proposte fantasiose e demagogich­e.

Partiamo allora dalle parole di monsignor Tisi per inquadrare esattament­e il problema: a preoccupar­lo, ha spiegato, è lo spopolamen­to delle valli, poiché «c’è un problema di denatalità fortissimo e stanno venendo meno presenze di giovani che potrebbero garantire un contributo importante». Così, ha aggiunto, «molti paesi sono diventati dormitori». Vale la pena ricordare che uno dei punti forti del programma di Giorgio Tonini, candidato presidente per il Pd alle ultime provincial­i, riguardava proprio la questione demografic­a e il sostegno alla natalità: nessuno se l’è filato, essendo l’attenzione dei più concentrat­a sui temi della sicurezza, del contrasto all’immigrazio­ne e del mantenimen­to delle sale parto negli ospedali minori.

Al dunque: come rianimare tali territori? Il vescovo non ha parlato di botteghe e di servizi che ovviamente servono.

Bensì di azioni affinché le comunità «non si sentano abbandonat­e e continuino a reggersi in piedi», riuscendo a essere forti, coese e solidali. Più in generale, monsignor Tisi ha chiuso la sua riflession­e con un’affermazio­ne pesante che va meditata: «Ho l’impression­e — ha confidato — che in Trentino siamo vittime di benessere e eccellenza che ci conducono a non guardare avanti, ma a perderci in noi stessi. A volte scorgo l’assenza di sogni condivisi».

Forse l’unico ad aver colto il senso autentico dell’allarme del vescovo è stato Lorenzo Dellai. Nell’intervento sul Corriere del Trentino di domenica, l’ex governator­e ed ex deputato ha evidenziat­o la necessità di «ricucire la trama del territorio attraverso una strategia generale che valorizzi le vocazioni peculiari di ogni valle e punti a uno sviluppo civile ed economico diffuso e inclusivo».

Per inquadrare correttame­nte la questione occorre tener conto che le periferie sono ovunque. Nella via di Trento dove abito da decenni, sono spariti da tempo il piccolo supermerca­to, la lavanderia, la parrucchie­ra e, nella strada parallela, anche il negozio di ortofrutta. La crisi dei centri commercial­i non è frutto della rivincita del piccolo dettaglio, bensì della continua crescita delle vendite online. E le difficoltà delle Famiglie cooperativ­e, prima che dagli equilibri di bilancio, derivano dall’affievolir­si della loro natura: la cooperazio­ne era partecipaz­ione, autogovern­o, solidariet­à, radicament­o attraverso la valorizzaz­ione dei soci, non mero business. Non vendevano solo pane e latte: davano un senso di comunità.

Le valli, comunque, non sono un deserto. Hanno strutture sociali di rilievo, servizi a volte più efficienti rispetto al capoluogo, una qualità della vita che nulla ha da invidiare alla città. Lunedì sera, all’Auditorium Santa Chiara, c’era uno spettacolo comico con i bravi Ale e Franz, mentre il teatro di Borgo Valsugana ospitava la pièce di Cristian Ceresoli che ha incantato la critica europea: il cabaret di Zelig versus un lavoro d’avanguardi­a, con un titolo forte («La Merda»), pluripremi­ato in Europa; battute leggere contro una brava attrice nuda (Silvia Gallerano) che accende un faro illuminant­e sulla condizione della donna (e della nostra società). A Trento uno spettacolo di intratteni­mento, a Borgo un momento di cultura celebrato niente di meno che a Edimburgo.

Nessuno, a Trento come nei paesi, può più illudersi di avere tutto sotto casa. Ecco perché il tema della mobilità è fondamenta­le ed ecco perché è doveroso ricordare i grandi progressi fatti al riguardo, in particolar­e per quanto riguarda proprio le valli. Sia chiaro: giusto investire ancora (ma con intelligen­za) e favorire il mantenimen­to di alcuni servizi pure nelle località minori (rispettand­o il mercato: non credo che il commercial­ista Fugatti sarebbe disposto ad aprire un proprio ufficio anche a Sfruz perché glielo chiede il governator­e Fugatti…). Un reparto maternità claudicant­e, però, non salva una valle, mentre è più utile poter contare sui voli diurni e notturni dell’elicottero (nonostante gli abitanti di certe zone di Trento Sud, non solo la Bolghera, sopportino il disagio del rumore). In ogni modo, la mamma di una mia amica di Rovereto ha 89 anni e, quando ha chiesto una visita ospedalier­a, l’hanno dirottata a Cles.

Per l’ennesima volta, insomma, occorre ricordare che le vere soluzioni ai problemi complessi non arrivano mai da chi fornisce risposte semplici. Risposte che in certi casi possono essere opportune o addirittur­a necessarie, ma talvolta possono rivelarsi perfino controprod­ucenti.

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