Sanità, 84 medici via entro l’anno
Carenza di organico, l’allarme di Bordon. «Dobbiamo individuare modelli alternativi»
Carenza di personale medico in Trentino. Entro l’anno via 84 medici, ma tra pensionamenti e trasferimenti, il sistema perderà complessivamente 193 dottori entro il 2025: anestesia e rianimazione i reparti più colpiti. Ma all’ultimo bando per 11 posti da pediatra se ne sono presentati soltanto in quattro. L’allarme del direttore generale dell’Apss, Bordon: «Dobbiamo individuare modelli alternativi».
Entro la fine dell’anno l’Azienda provinciale per i servizi sanitari dovrà fare a meno di 84 medici, quasi nella metà dei casi per l’arrivo del pensionamento. Per raggiunti limiti pensionistici si stima che il sistema sanitario trentino perderà, fra il 2019 e il 2025, 193 dottori. Anestesia e rianimazione, medicina e chirurgia, pediatria, ortopedia, ginecologia e ostetricia le discipline ritenute più critiche.
Che in futuro mancheranno specialisti è noto. Anche l’Anaao, l’associazione medici e dirigenti del sistema sanitario nazionale, nell’ultimo numero del suo mensile lancia l’allarme: «Nei prossimi cinque anni usciranno dal sistema almeno 40/45.000 specialisti». Come rispondere all’emergenza? «Mettendo in campo modelli organizzativi diversi — sostiene il direttore generale dell’Apss Paolo Bordon — chi, a livello tecnico o politico, avesse la presunzione di immaginare di gestire tra dieci anni il sistema con l’impostazione attuale fallirebbe, perché non troverebbe professionisti a sufficienza». Sostituire un medico con un altro medico, dunque, non sarà possibile. Non lo è già nemmeno adesso, con i concorsi trentini per le assunzioni che vanno deserti (all’ultimo per pediatria, pochi giorni fa, a fronte di 11 domande si sono presentati 4 candidati). In parte è dovuto a quello che l’Anaao definisce un «imbuto formativo», ovvero «il gap tra numero di accessi al corso di laurea in medicina e chirurgia e l’insufficiente numero di contratti specialistici»: «I dati dimostrano la totale insipienza programmatoria in primis della formazione universitaria — commenta il segretario provinciale dell’Anaao Marco Scillieri — negli ultimi dieci anni, poi, i posti per la formazione post-lauream sono stati quasi sempre insufficienti rispetto anche al solo numero di laureati annuali e accedere alle scuole di specializzazione è diventato sempre più difficile per l’accumularsi anno dopo anno degli esclusi».
La Fiaso (Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere, di cui Bordon fa parte come coordinatore regionale) nella sua ultima pubblicazione evidenzia anche «il blocco del turnover, la riduzione nel numero degli incarichi di struttura e, a partire dallo scorso anno, l’adeguamento del settore alla normativa comunitaria in merito all’orario di lavoro del personale sanitario». Il tutto «in un contesto di blocco dei rinnovi contrattuali e di marcato invecchiamento degli organici aziendali».
Fenomeni che risultano carichi di risvolti sulla qualità delle cure pubbliche. Anche in Trentino. Dove tuttavia, a detta di Bordon, la situazione è «gestibile», nonostante il territorio non possa sottrarsi a un trend ormai definito. Anche qui, come a livello nazionale, le discipline ritenute più critiche in termini di reclutamento del personale sono anestesia e rianimazione, medicina e chirurgia d’accettazione e d’urgenza, pediatria, ortopedia e traumatologia, ginecologia e ostetricia. Nel 2019 sono attesi 17 pensionamenti di medici, 20 l’anno successivo, 15 nel 2021. Negli anni seguenti, poi, la previsione è in costante crescita: 25 nel 2022, 30 nel 2023, 38 nel 2024, 48 nel 2025. Senza contare le cessazioni per altri motivi. Le risposte possibili sono fondamentalmente due: «Innovazione nei modelli organizzativi e sviluppo delle competenze del personale» sintetizza Bordon. «L’azienda sanitaria continuerà a bandire i concorsi per sostituire tutte le figure in uscita, questo è il mandato che abbiamo — spiega il direttore generale — ma non possiamo più permetterci di non conoscere quali siano le competenze specifiche di ogni medico e di insistere sul loro trasferimento da un soggetto all’altro». L’azienda sanitaria trentina è «una delle poche strutture pubbliche in Italia — sottolinea Bordon — ad aver introdotto già da un paio d’anni il censimento delle competenze cliniche non solo dei medici ma anche delle professioni sanitarie». Questo, nelle intenzioni dell’azienda, dovrebbe consentire «una crescita dell’equipe medica nella sua interezza e l’integrazione multi-professionale». In soldoni, «potremmo perdere anche dieci anestesisti — esemplifica Bordon — ma non dovremo puntare a trovarne altrettanti, bensì a individuare quelli dotati delle competenze che possedeva chi se n’è
Settori in crisi
Anestesia, medicina, chirurgia, pediatria, ortopedia, ginecologia e ostetricia a rischio
Il nodo attrattività
La qualità della vita in Trentino è alta ma le possibilità di carriera sono scarse
andato».
Il compito, vien da sè, è complesso. C’è poi una questione di attrattività. Il Trentino è ai primi posti per qualità della vita ma non si può nascondere che i suoi ospedali periferici siano meno appetibili di quelli delle grandi città in grado di offrire maggiori possibilità di carriera. «Siamo un’azienda pubblica e non possiamo agire sulla leva degli stipendi – sostiene Bordon – abbiamo investito molto, tuttavia, sul welfare, con la creazione ad esempio dell’asilo nido aziendale, e su strumenti flessibili come il telelavoro anche per il personale medico». In quest’ottica, infine, rientra anche la creazione di Aft e Uccp, le aggregazioni tra medici di base: «Si tratta di un modello vincente, a maggior ragione in Trentino — conclude Bordon — il problema dello spopolamento delle valli si affronta anche così».