Tutti i segreti dei ciclamini avidi di luce e terra umida
Si è calcolato che, fra novembre e febbraio, siano circa venti milioni i ciclamini, Cyclamen persicum, prodotti soprattutto dai maxivivai olandesi, che passano di mano sui banconi dei fiorai o nelle serre. Nelle case hanno una vita breve. E vengono buttati. Un peccato: perché è abbastanza semplice farli rifiorire per anni. Per gli amanti del genere ci sarebbe poi un altro ciclamino a fioritura autunnale, il Cyclamen hederifolium, una varietà spontanea che mia madre coltivava sotto una vigna. Il primo bulbo era stato asportato dal cimitero (i pollici verdi asportano spesso, non solo dai cimiteri. Mughetti e ciclamini, entrambi trasmigrati nel giardino materno, crescevano in origine sotto gli alberi di bagolaro nella parte cimiteriale detta dei «senza Dio», atei e comunisti. Esisteva anche questo tipo di sepoltura, anni fa, a Bolzano). Dicevo: sotto la vigna. Nel giro di alcuni anni si erano riprodotti copiosamente, anche con l’aiuto di alacri formiche, e in ottobre, fra le foglie gialle cadute, fiorivano allegri in laghetti color lilla. In estate, il posto dei ciclamini era molto ombroso, vi cresceva solo erba rada. Le foglie dei Cyclamen hederifolium spuntano dopo i fiori, sono verde chiaro o verde scuro, quasi rotonde oppure ovali, segnate da linee argentee, marmorizzate, sempre dentellate. Un fogliame decorativo che rimane per tutto l’inverno. Poi entra in riposo. I tuberi vogliono caldo e siccità, con piante sovrastanti che fanno da ombrello quando piove. Il nome francese è pain de porceau, in inglese sowbread. Sono piatti e rotondi, grandi come la mano di un bambino, velenosi per gli umani. Un tempo cibo per maiali, lo sono oggi per i topi campagnoli. Se risparmiati da maiali e topi campagnoli, possono essere molto longevi: Vita Sackville West, famosa editorialista botanica, scriveva che sopravvivono al giardiniere. Amano terreni calcarei, buon motivo per provare a coltivarli da noi. Le innumerevoli cultivar di Cyclamen persicum, già citati e venduti in questo periodo, incrociati e moltiplicati al nord delle Alpi, fioriscono per tutto l’inverno. Nel sud del Trentino sopravvivono anche all’aperto. Nelle stanze, col caldo secco, muoiono, come accennavo, nel giro di due settimane. Vogliono luce, ma non amano il sole. Preferiscono terriccio umido, ma non zuppo. Ridotte gradatamente le innaffiature appena sfioriti, vedremo prima ingiallire, poi seccare le foglie. Ponendo il vaso in riposo all’ombra per tutta l’estate, lasceremo solo alla pioggia il compito di bagnare. In autunno si cambia la terra, si concima e si riprende lentamente a innaffiare; spunteranno le foglie, e in febbraio la pianta rifiorirà. Semplice.